Approfondimento randagismo a cura dell’avv. Teresa Mele

cani

CANI RANDAGI CHE CAUSANO INCIDENTI è ONERE DEL COMUNE VIGILARE

( sentenza n. 2741/15, depositata il 12 febbraio 2015)

 

Fenomeno molto diffuso, regolato da leggi regionali in attuazione dell’art. 3 della legge quadro 14/8/1991, n. 281, è quello del randagismo di cani e gatti, condizione che nel 2006 (dati Eurispes) ha interessato 500.000 cani e 2.500.000 gatti.

Ci si è sempre interrogati su chi incombe la responsabilità nel caso di danni provocati dagli stessi. Secondo le disposizioni del codice civile dei danni provocati da una cane randagio a una persona che transita su una strada comunale risponde, ai sensi dell’art. 2051 c.c., il Comune, in qualità di proprietaria-custode della rete stradale comunale; l’Amministrazione comunale, infatti, oltre a provvedere alla manutenzione delle strade, deve eliminare le situazioni di pericolo che non siano chiaramente evitabili e percepibili dall’utente con l’uso della normale prudenza; il principio del neminem laedere (ossia di non arrecare danno ad altri), scolpito nell’art. 2043 c.c., impone pertanto all’Amministrazione il dovere di tenere le strade in condizioni tali da non costituire per l’utente, che regolarmente confida nello stato apparente di transitabilità, un’insidia o trabocchetto.

Precedentemente nel 2009 la Cassazione con  sentenza n. 8137 del 3/4/2009 stabiliva che doveva essere l’Azienda Sanitaria Locale territorialmente competente e non il Comune a risarcire i danni provocati alle persone da cani randagi, dal momento che la legge regionale affida la lotta al randagismo ai servizi veterinari delle ASL.
A tal’uopo occorre sottolineare che a  norma della legge n. 281 del 1991 (e della legge regione Abruzzo n. 86 del 1999) compiti di organizzazione, prevenzione e controllo anche dei cani vaganti (siano essi tatuati e cioè scomparsi o smarriti dai proprietari, ovvero non tatuati) spettano, anche, ai Comuni, tenuti anche essi, in correlazione con gli altri soggetti pubblici (e non) indicati dalla legge, ad adottare concrete iniziative e assumere provvedimenti volti a evitare che animali randagi possano arrecare danni alle persone nel territorio di competenza.

Nella materia oggetto del nostro esame è intervenuta di recente la Corte di Cassazione con  una sentenza depositata il 12 febbraio che  attribuisce alla pubblica amministrazione la responsabilità di un incidente stradale provocato da un animale che vagava in strada.

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte riguardava un incidente avvenuto a Lecce, ma il pronunciamento della Cassazione è destinato a «fare scuola» anche negli altri comuni in cui si sono verificati episodi simili. La sentenza della Corte di Cassazione (terza sezione civile) numero 2741/15, depositata il 12 febbraio 2015, ha ritenuto responsabili dello scontro stradale fra un cane randagio e un motocicilista l’Azienda sanitaria e il Comune.

Il recupero di animali randagi è il nodo cruciale della sentenza: quel cane non doveva vagare per la strada il Comune avrebbe dovuto svolgere attività di prevenzione. L’amministrazione comunale non può essere esonerata da responsabilità in virtù del principio del “neminem laedere”, che la rendono responsabile dei danni conseguenti alle condotte omissive per comportamenti dovuti, che costituiscono il limite esterno alla sua attività discrezionale».

Tale brocardo prevede la responsabilità extracontrattuale che consegue allorché un soggetto viola non già un dovere specifico, derivante da un preesistente rapporto obbligatorio (nel qual caso si configurerebbe responsabilità “contrattuale”), bensì un dovere generico. La norma fondamentale cui bisogna fare riferimento è l’art. 2043 del codice civile, in base al quale “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Nel caso di qua l’ente locale deve risarcire i danni patiti da un motociclista aggredito da un cane randagio durante la marcia del mezzo, poiché l’amministrazione locale, ai sensi della legge-quadro 14 agosto 1991, n. 281 e delle relative leggi regionali in tema di animali di affezione e prevenzione del randagismo, è obbligato, in correlazione con gli altri soggetti indicati dalla legge, al rispetto del dovere di prevenzione e controllo del randagismo sul territorio di competenza. Inoltre la pubblica amministrazione  è responsabile dei danni riconducibili all’omissione dei comportamenti dovuti e il Comune deve rispondere dei danni patiti dall’infortunato a causa della presenza, non prevista, improvvisa e non evitabile, di un cane randagio.

È evidente, pertanto, che i Comuni devono adottare tutti i provvedimenti idonei per evitare che i cani randagi rechino danno alle persone, altrimenti in caso di aggressione scatta per l’ente locale la responsabilità civile e l’obbligo di risarcire la vittima, il Comune ha l’obbligo di vigilare costantemente sulla presenza di cani randagi sul proprio territorio, assumendo tutti gli opportuni provvedimenti per evitare che gli animali arrechino danno alle persone; tale obbligo diventa ancora più stringente se all’ente locale sono pervenute nel tempo specifiche segnalazioni da parte dei cittadini sulla presenza dei cani.

Il principio fondamentale da cui partire è che tutte le persone devono poter circolare sulla pubblica via senza essere esposte a situazioni di pericolo, che, come il fenomeno del randagismo, il Comune è tenuto a prevenire. La peculiare sensibilità o fragilità della persona, secondo gli ermellini, non esclude la responsabilità del Comune per le ferite conseguenti all’indebita presenza del cane randagio. Lo stesso Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, oltre a fissare regole per arginare il fenomeno dell’abbandono dei cani, ha imposto ai sindaci di dotare la polizia locale di almeno un dispositivo di lettura di microchip Iso compatibile, per effettuare gli opportuni controlli sui cani randagi.

Per tutto quanto evidenziato va altresi’ posto in rilievo che il modello di condotta cui la P.A. e’ tenuta postula l’osservanza di un comportamento informato a diligenza particolarmente qualificata, specificamente in relazione all’impiego delle misure e degli accorgimenti idonei ai fini del relativo assolvimento, essendo essa tenuta ad evitare o ridurre i rischi connessi all’attivita’ di attuazione della funzione attribuitale.
Comportamento cui la P.A. e’ d’altro canto tenuta gia’ in base all’obbligo di buona fede o correttezza, quale generale principio di solidarieta’ sociale – che trova applicazione anche in tema di responsabilita’ extracontrattuale – in base al quale il soggetto e’ tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso nonche’ volto alla salvaguardia dell’utilita’ altrui – nei limiti dell’apprezzabile sacrificio -, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilita’ in ordine ai falsi affidamenti anche solo colposamente ingenerati nei terzi (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, n. 3462; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056. Da ultimo cfr. Cass., 27/4/2011, n. 9404).
Condotta che, ove tardiva, carente o comunque inidonea, viene a provocare (o a non impedire) la lesione proprio di quei diritti ed interessi la cui tutela e’ rimessa al corretto e tempestivo esercizio dei poteri alla P.A. attribuiti per l’assolvimento della funzione (cfr. Cass., 25/2/2009, n. 4587. V. anche Cass., Sez. Un., 27/7/1998, n. 7339).
A tale stregua, in caso di concretizzazione del rischio che la norma violata tende a prevenire, la considerazione del comportamento dovuto e della condotta mantenuta assume allora decisivo rilievo, e il nesso di causalita’ che i danni conseguenti a quest’ultima astringe rimane invero presuntivamente provato (cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 582. E, da ultimo, Cass., 27/4/2011, n. 9404).

Per tali ragioni consegue che il Comune deve rispondere dei danni patiti dal ciclomotorista aggredito da un cane randagio durante la marcia del mezzo.

Ci auguriamo che tale sentenza porti un senso di responsabilità non solo alle istituzioni.

Speriamo che i Comuni siano stimolati a garantire l’afflusso di risorse alla prevenzione del randagismo attraverso piani di controllo delle nascite, per la prevenzione del randagismo attraverso il ricorso alla sterilizzazione di cani e gatti al fine di evitare che nuove cucciolate vadano ad affollare la popolazione di animali vaganti o reclusi in canili e gattili.

Avvocato Teresa Mele

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