Tarocchi la consolle per i giochi “pirata”…per la Cassazioni paghi perchè “Non sei originale”!!!

Tarocchi la consolle per i giochi “pirata”…per la Cassazioni paghi perchè “Non sei originale”!!!

F482BC13AA7E956A784B40D386EDCASSAZIONE PENALE Sent. n. 8791 DEL 9.02.2011
Vendere apparecchiature o programmi per aggirare le chiavi di protezione di software originali delle consolle dei videogiochi, legittima il sequestro probatorio di tali aggeggi.

E’ quanto sancito dai giudici della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza 9 febbraio 7 marzo 2011, n. 8791.

Nello specifico C.F., rinviato a giudizio con l’accusa di aver violato  le disposizione dell’art. 81 c.p., art. 171 ter, lett. f bis, in relazione alla L. n. 633 del 1941, ed art. 102 quater, aveva subito la perquisizione e sequestro probatorio degli impianti informatici, dato che lo stesso aveva pubblicizzato e venduto le strumentazioni elusive grazie allequali era possibile istallare giochi “taroccati” o scaricatisenza autorizzazione dalla rete, nonché in grado di modificare  consolle per videogiochi per le sopramenzionate   finalità. Con ordinanza del 26 luglio 2010, il Tribunale del Riesame aveva revocato il sequestro probatorio emesso contestualmente al decreto di perquisizione, stbilendo  “l’impossibilità di qualificare come opera o materiale protetto dalla normativa sul diritto di autore l’hardware delle consolle sul quale sono apposte le misure di protezione e che l’apprestamento di tali misure non impediva soltanto la riproduzione di giochi non originali, ma anche quella di giochi originali prodotti da altre società ed anche giochi originali Nintendo destinati a diverse aree commerciali assumendo, così, una prevalente finalità di difesa della posizione dominante della casa costruttrice.”

 

Contro la sopra illustrata decisione, la Pubblica Accusa  aveva proposto ricorso dinanzi la Corte di Cassazione, deducendo l’erronea applicazione della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. f-bis.

Gli “Ermellini” hanno accolto la tesi dell’accusa , alla luce delle precedenti pronunce conformi sul tema, ovvero Corte di Cassazione, Sez. 3^, n. 33768, 3 settembre 2007, e n. 23765 depositata il 21 giugno 2010, relativamente ad un caso simile.

In particolare, la Suprema Corte ha fatto suo  il principio di diritto espresso con quest’ultima sentenza, secondo cui: “rientrano nella fattispecie penale prevista dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171 ter, comma 1, lett. f bis). tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l’ elusione delle misure tecnologiche di protezione apposte su materiali od opere protette dal diritto d’autore, non richiedendo la norma incriminatrice la loro diretta apposizione sulle opere o sui materiali tutelati”.

Si è sancito, infoine, che la consolle costituisce l’elemento   necessario per consentire l’attivazione di programmi originali e che il meccanismo di protezione determina  una trasmissione di dati dal software all’hardware che in modo sinergico tra loro, accertano  la conformità dell’originale, consentendone l’esatta lettura. Quindi, con l’introduzione di strumenti  che superano l’ostacolo del dialogo tra consolle e software non originale, vengono aggirate  le misure di protezione, in palese vcontrasto con le disposizioni di cui all’art. 102 quater, nonchè della L. n. 633 del 1941, art. 171, comma 1, lett. f bis.

 

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 9 febbraio – 4 marzo 2011, n. 8791

Svolgimento del processo

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame, emessa il 26 luglio 2010, nell’ambito procedimento penale contro C.F. per violazione dell’art. 81 c.p., e il art. 171 ter, lett. f bis, in relazione alla L. n. 633 del 1941, art. 102 quater, con la quale revocava il sequestro probatorio emesso, contestualmente a decreto di perquisizione, il 6 luglio 2010.

 

Il sequestro era stato disposto in quanto l’indagato aveva pubblicizzato e commercializzato dispositivi mediante i quali era possibile utilizzare, su consolle per videogiochi Nintendo, giochi non originali o illecitamente scaricati da internet, offrendo anche i servizi necessari per modificare a tali fini dette consolle.

 

Il Pubblico Ministero ricorrente, che deduceva l’erronea applicazione della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. f-bis, rilevava che il Tribunale aveva annullato il provvedimento di sequestro sul presupposto di argomentazioni che erano state già oggetto di censura da parte di questa Corte in un procedimento per fatti analoghi nei confronti del medesimo indagato.

 

I giudici del riesame avevano infatti ritenuto l’insussistenza del fumus del reato sul presupposto dell’impossibilità di qualificare come opera o materiale protetto dalla normativa sul diritto di autore l’hardware delle consolle sul quale sono apposte le misure di protezione e che l’apprestamento di tali misure non impediva soltanto la riproduzione di giochi non originali, ma anche quella di giochi originali prodotti da altre società ed anche giochi originali Nintendo destinati a diverse aree commerciali assumendo, così, una prevalente finalità di difesa della posizione dominante della casa costruttrice.

 

Il ricorrente rilevava, altresì, che il Tribunale aveva ribadito tali argomentazioni non tenendo conto dei principi indicati da questa Corte e ritenendo necessario attendere un orientamento giurisprudenziale consolidato nonostante la presenza di univoca giurisprudenza sul punto.

 

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

 

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

 

Il provvedimento impugnato, pur dando atto della precedente decisione di questa Corte, ha ritenuto di non doversi attenere al principio di diritto fissato nell’ambito di diverso procedimento ed ha criticato la scelta processuale del Pubblico Ministero di procedere a nuovo sequestro pur in presenza di un indirizzo giurisprudenziale ritenuto non consolidato.

 

Nel far ciò ha ribadito quanto indicato nel precedente provvedimento negando, in sostanza, che l’hardware possa essere qualificato come opera o materiale protetto dalla normativa richiamata dall’ufficio di Procura ed affermando che l’apposizione della tecnologia di protezione da parte della casa costruttrice aveva la finalità di “elevare barriere sul mercato a difesa della propria posizione dominante”.

 

Ciò posto, si osserva che, come ricordato dal ricorrente, questa Corte ha già avuto modo di affrontare la questione con la sentenza n. 23765 di questa Sezione, depositata il 21 giugno 2010.

 

In tale occasione veniva affermato il principio di diritto cosi riassunto nella successiva massimazione: “rientrano nella fattispecie penale prevista dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171 ter, comma 1, lett. f bis). tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile delusione delle misure tecnologiche di protezione apposte su materiali od opere protette dal diritto d’autore, non richiedendo la norma incriminatrice la loro diretta apposizione sulle opere o sui materiali tutelati.

 

A sostegno di tale assunto si era, in sintesi, precisato:

 

che questa Sezione si era già pronunciata sulla questione dedotta nei motivi di ricorso puntualizzando, tra l’altro, che le “misure tecnologiche di protezione” (o MTP) si sono aggiornate ed evolute seguendo le possibilità, ed i rischi, conseguenti allo sviluppo della tecnologia di comunicazione, ed in particolare della tecnologia che opera sulla rete e che una parte significativa degli strumenti di difesa del diritto d’autore sono stati orientati ad operare in modo coordinato sulla copia del prodotto d’autore e sull’apparato destinato ad utilizzare quel supporto.

 

– che la consolle, pur essendo una mera componente hardware, costituisce il supporto necessario per far “girare” software originali e che il meccanismo di protezione opera in via intercambiabile, nel senso che la indicazione apposta direttamente sul software dialoga con l’altra misura apposta sull’hardware e le due, agendo in modo complementare tra loro, accertano la conformità dell’originale, consentendone la lettura.

 

– che è innegabile che l’introduzione di sistemi che superano l’ostacolo al dialogo tra consolle e software non originale ottengono il risultato oggettivo di aggirare i meccanismi di protezione apposti sull’opera protetta.

 

– che alle modifiche deve essere riconosciuta necessariamente la prevalente finalità di eludere le misure di protezione indicate dall’art. 102 quater, in considerazione di una serie di elementi, quali il modo in cui la consolle è importata, venduta e presentata al pubblico; la maniera in cui la stessa è configurata; la destinazione essenzialmente individuabile nell’esecuzione di videogiochi come confermata dai documenti che accompagnano il prodotto; il fatto che alcune unità, quali tastiera, mouse e video, non sono fornite originariamente e debbono eventualmente essere acquistate a parte.

 

– che la L. n. 633 del 1941, art. 171, comma 1, lett. f bis, punisce, se il fatto è commesso per uso non personale, chiunque a fini di lucro fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’art. 102 quater, ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione di predette misure. Rientrano, dunque, nell’ambito della previsione penale, indistintamente tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l’elusione delle misure di protezione di cui all’art. 102 quater.

 

A tali conclusioni, come si è detto, questa Corte perveniva anche alla luce di una precedente pronuncia conforme (Sez. 3^ n. 33768, 3 settembre 2007).

 

Il principio sopra enunciato e le argomentazioni poste sostegno delle precedenti pronunce, che il Collegio condivide, devono essere pertanto ribaditi.

 

Ne consegue che il provvedimento impugnato è fondato su una erronea lettura delle norme applicate e deve, conseguentemente, essere annullato con rinvio per un nuovo esame che tenga conto dei principi come sopra affermati.

 

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo esame.

 

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