LA DONNA “OGGETTO”…NELLA PUBBLICITA’…DA OGGI BASTA!!!!

 

LA DONNA “OGGETTO” …NELLA PUBBLICITA’!!!…DA OGGI BASTA!!!

Quotidianamente in Tv, sui cartelloni delle nostre città, nei giornali vengono rappresentate pubblicità lesive della dignità femminile….è ora di dire basta!!!

Da diverso tempo esiste in Italia un organismo, poco conosciuto ai più,  che vigila e sanziona, la pubblicità che quotidianamente irrompe all’interno dei programmi televisivi o occupa pagine di giornali e riviste, offendendo, il più delle volte anche l’immagine e la dignità femminile.

Il nome di tale organismo è Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) il cui scopo primario è quello di  vigilare sul rispetto del Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale, contenente molte norme a tutela della corretta, leale e veritiera informazione commerciale.

Nel caso  specifico è proprio a seguito della violazione del dispositivo previsto dall’art. 10 del codice, il quale vieta espressamente l’uso di campagne pubblicitarie discriminatorie e lesive dei diritti di dignità, che il Comitato di controllo, lo scorso 4 gennaio, con decisione n. 3/2011, ha ritenuto manifestamente contraria al Codice una pubblicità a mezzo stampa promossa da R.
Art. 10 – Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona
La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose. Essa deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione.”
La decisione è di seguito riportata:
Il Presidente del Comitato di Controllo, visto il messaggio pubblicitario

“Eccitanti tariffe e assistenti di volo!!!”, rilevato sul “Corriere della Sera” del 5 dicembre 2010 e del 4 gennaio 2011, ritiene lo stesso manifestamente contrario all’art. 10 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.?Il messaggio, nel pubblicizzare tariffe particolarmente vantaggiose per voli aerei, affianca al costo promozionale pubblicizzato l’immagine di una ammiccante ragazza in costume da bagno, mentre il claim recita “Eccitanti tariffe e assistenti di volo!!!”.?Ad avviso del Comitato è fuori di dubbio che siffatta comunicazione commerciale veicoli una rappresentazione svilente della donna, determinando il contrasto del messaggio con l’art. 10 del Codice. Infatti, attraverso l’uso dell’aggettivo “eccitanti”, riferito sia alle tariffe che alle assistenti di volo, il messaggio trasferisce sul corpo della donna l’appetibilità dell’offerta e la facile accessibilità alle une e alle altre, con una commistione di piani che conduce alla mercificazione della persona e al degrado della sua dignità.?Nulla invero giustifica la scelta comunicazionale in questione, essendo questa unicamente finalizzata ad attrarre l’attenzione del pubblico, neppure la precisazione con la quale si informa il destinatario che a bordo degli aerei sarà possibile acquistare un calendario di beneficenza “con le ragazze di R.!”.

Tale pronuncia segue di poco l’altra importante decisione presa dal medesimo Giurì (la numero 133/2010 contro Z. V. Spa) in danno, questa volta, di una impresa operante nel settore del vetro, con la  quale si è ritenuto che il contenuto della campagna pubblicitaria della medesima fosse in contrasto con l’art. 10 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Ad avviso del Comitato infatti, il messaggio si caratterizzava per l’uso impropriamente provocante e malizioso di immagini di giovani donne quasi completamente nude.

La figura femminile veniva cioè ridotta, secondo l’organo di controllo, a mero oggetto del desiderio sessuale, esposta in vetrina al pari dei beni pubblicizzati, al fine unico di attrarre a tutti i costi l’attenzione del pubblico, strumentalizzandone la sensibilità.

Sulla stessa lunghezza d’onda, va considerata la pronuncia 115/2009, relativa alla censura dei manifesti pubblicitari delle  scarpe  “D. L.” (marchio  proprietario della   C.Cam. srl) apparsi nelle città di Napoli, Roma e Milano nei mesi di ottobre-novembre 2009. Sui cartelloni veniva ritratta una modella legata a una sedia in pose diverse: seduta e  legata  con la schiena a terra e le gambe in aria.

Secondo il Giurì la pubblicità, anche essa era stata realizzata, ancora un volta, in  palese violazione dei dettami previsti  dall’art. 10 del codice dato che “l’immagine appare lesiva della dignità della persona, tenuto conto che il messaggio di sopraffazione è tanto più pericoloso in un periodo, come quello attuale, in cui la violenza sulle donne è tema di giustificato allarme”.

 

Tutte le pronunce sono reperibili sul sito: www.iap.it

 

 

 

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