Locazione – Disdetta – Libertà di forma – La disdetta relativa al contratto di locazione costituisce atto negoziale unilaterale e recettizio-Corte di Cassazione – Sez. 3, Sentenza n. 263 del 07/01/2011

Locazione – Disdetta – Libertà di forma – La disdetta relativa al contratto di locazione costituisce atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di diritto potestativo attribuito “ex lege”, concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo. Pur prevedendo l’art. 3 della legge n. 392 del 1978 (abrogato successivamente dall’art. 14 della legge n. 431 del 1998, ma applicabile temporalmente nella fattispecie) che la disdetta debba essere comunicata con lettera raccomandata, tuttavia tale forma non è prescritta a pena di nullità (nemmeno desumibile in via interpretativa), ragion per cui può essere comunicata in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l’inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza. Sulla scorta di tali principi è possibile, quindi, che la disdetta sia contenuta in un atto processuale come l’intimazione di sfratto per finita locazione, nel quale, però, a tal fine, deve essere espressa chiaramente e senza possibilità di equivoci la suddetta volontà del locatore ovvero risultare che la stessa sia presupposta logicamente e giuridicamente. Corte di Cassazione – Sez. 3, Sentenza n. 263 del 07/01/2011

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I primi tre motivi sono infondati.

Quanto alla (im)procedibilita’ dell’azione di rilascio, la sentenza, chiarito che nella specie si discute di semplice disdetta e non di rinnovazione alla prima scadenza, s’e’ adeguata al principio di diritto secondo cui la disdetta relativa al contratto di locazione costituisce atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di diritto potestativo attribuito “ex lege”, concretantesi in una manifestazione di volonta’ diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo. Pur prevedendo la L. n. 392 del 1978, art. 3 che la disdetta debba essere comunicata con lettera raccomandata, tuttavia tale forma non e’ prescritta a pena di nullita’ (nemmeno desumibile in via interpretativa), ragion per cui puo’ essere comunicata in qualsiasi modo, purche’ idoneo a portare a conoscenza del conduttore l’inequivoca volonta’ del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza. Sulla scorta di tali principi e’ possibile, quindi, che la disdetta sia contenuta in un atto processuale come l’intimazione di sfratto per finita locazione, nel quale, pero’, a tal fine, deve essere espressa chiaramente e senza possibilita’ di equivoci la suddetta volonta’ del locatore ovvero risultare che la stessa sia presupposta logicamente e giuridicamente (tra le varie, cfr. Cass. n. 409/2006).

Quanto alla validita’ della disdetta di cui alla missiva del 24.12.1990 (per la scadenza del 31.3.2002) il giudice ha fatto corretta applicazione del principio in ragione del quale l’art. 1424 cod. civ. sulla conversione dei contratti nulli si applica, in virtu’ del richiamo operato dall’art. 1324 cod. civ., anche ai negozi unilaterali, a condizione che l’atto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell’atto diverso e che l’atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo. Ne consegue che il diniego di rinnovazione della locazione L. n. 392 del 1978, ex art. 29 nullo in relazione alla prima scadenza, ben puo’ convertirsi in una disdetta cosiddetta “semplice” o a regime “libero” (non essendo richiesto che sia motivata) valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volonta’ contraria alla prosecuzione e alla rinnovazione del rapporto (Cass. n. 257/2006 – n. 13641/2004).
Il ricorso non argomenta valide ragioni per mutare i sopra menzionati indirizzi.

2. – Il motivo quarto (vi si sostiene che il giudicato

sull’improcedibilita’ dell’azione di rilascio non farebbe stato sull’eccezione di inammissibilita’ dell’azione collegata al difetto di legittimazione attiva) e’ inammissibile per difetto d’interesse, in quanto la sentenza contiene l’accertamento di merito circa la suddetta legittimazione.
Il quinto ed il sesto motivo (pur sempre concernenti la legittimazione attiva) sono inammissibili, in quanto, benche’ formalmente censuranti la violazione di legge ed i vizi della motivazione, contengono una serie di considerazioni in fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimita’ un diverso giudizio sul merito della questione.

3. – I motivi dal settimo al decimo (riguardanti la dedotta novazione del contratto del 1990) sono inanimissibili in quanto sul punto esiste l’accertamento di merito della sentenza impugnata (incensurabile in questa sede, siccome logicamente e congruamente motivato) in ordine al difetto d’interesse del Mischio, quale persona fisica, a farsi portatore dell’interesse della Due Mori snc di Minchio Paolo & C, estranea al giudizio in trattazione. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2011

 

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