Svelare l’omosessualità altrui su di un giornale configura il reato di diffamazione – Corte di cassazione

Svelare l’omosessualità altrui su di un giornale configura il reato di diffamazione – Corte di cassazione

Palazzaccio

Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 24 luglio 2012 n. 30369

La Corte di cassazione con la sentenza 30369/2012, nell’ annullare  con rinvio la sentenza con cui il Gup di Ancona aveva prosciolto “perché il fatto non sussiste” il direttore del Corriere adriatico dall’accusa ex articolo 595 del Cp per omesso controllo nella pubblicazione di una notizia, peraltro veicolata dall’agenzia Ansa, ha stabilito che la pubblicazione su di un quotidiano di una storia omosessuale che ha determinato la una seprazione tra coniugi, integra il reato di diffamazione,  rivelando a terzi esterni, scelte di vita privata che non hanno alcun rilievo sociale, la cui pubblicazione, quindi, violando la privacy delle persone coinvolte,  andrebbe ad incidere anche sulla loro reputazione.

Il Giudice di legittimità, ha  dunque accolto il ricorso della parte civile che sosteneva  di aver subito una lesione della propria reputazione in quanto, anche se erano state inserite solamente le inizilai del nome, lo stesso era comunque identificabile dall’insieme delle informazioni riportate dall’articolo.

A tal il Giudice di Piazza Cavour, nel dare ragione al ricorrente, hanno anche ricordato che: “Ai fini dell’individuabilità dell’offeso  non occorre che l’offensore ne indichi espressamente il nome, ma è sufficiente che l’offeso possa venire individuato per esclusione in via deduttiva, tra una categoria di persone, a nulla rilevando che in concreto l’offeso venga individuato da un ristretto numero di persone”,

 

quindi per il Supremio Collegio, “il contenuto dell’articolo riferendo una situazione di fatto riconducibile alle scelte di vita privata del soggetto querelante, non ha alcun rilievo sociale (almeno nella attribuzione del fatto ad una persona ben individuata o facilmente individuabile), con la conseguenza che l’articolo in questione potrebbe aver violato, ad un tempo, la privacy della persona offesa e, attraverso tale violazione, la reputazione della stessa»

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