Nessun danno in itinere, se il lavoratore decide di andare a lavoro in moto

Nessun danno in itinere, se il lavoratore decide di andare a lavoro in moto

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Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6725 del 18 marzo 2013

La Corte di Cassazione ha stabilito che non è prevista nessuna rendita da infortunio in itinere se il lavoratore poteva giungere  sul posto di lavoro con i mezzi pubblici o addirittura a piedi.

Così ha deciso la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 6725 del 18 marzo 2013; nel caso concreto, i giudici non hanno riconosciuto il risarcimento a un lavoratore, in considerazione della  vicinanza del luogo di lavoro dall’abitazione e la possibilità di utilizzare mezzi di trasporto pubblico per spostarsi.

Inel caso de quo,  un dipendente delle Terme di Stabia che nel 1997 era stato coinvolto in un incidente mentre era alla guida della sua moto, che utilizzava abitualmente, per andare a lavorare; l’uomo aveva chiamato in giudizio l’Inail chiedendo una rendita da infortunio in itinere visto che l’incidente era avvenuto lungo il tragitto tra la sua casa e il suo posto di lavoro.

Il dipendente  aveva spiegato di utilizzare la sua moto per compiere il tragitto di 2 chilometri da casa al lavoro perché doveva essere in sede entro le 7 di mattina, cosa che non sarebbe stata possibile con i mezzi pubblici visto che il primo autobus partiva alle 7,20. 
La Corte d’Appello che aveva respinto la richiesta dell’uomo, però, aveva rilevato che il prospetto degli orari degli autobus di linea “non consentiva di appurare le circostanze dedotte relativamente all’impossibilità di fare uso degli stessi per raggiungere il posto di lavoro”. 
Per la il Giudice di Legittimità, “anche a voler ammettere che lo stesso ricorrente avesse la necessità di utilizzare il mezzo proprio per l’assenza di soluzioni alternative al detto uso, la decisione impugnata risulta, tuttavia, adeguatamente sorretta dal concorrente accertamento che, in ogni caso, il tragitto era percorribile a piedi ovvero utilizzando un mezzo di trasporto pubblico”.

Per la Cssazione, infatti, questo principio configura il “rischio elettivo”, ossia il rischio causato dalla scelta arbitraria del lavoratore di preferire la moto ad altre soluzioni. 

La Corte d’Appello aveva concluso che il lavoratore non avesse diritto a copertura assicurativa, essendo stata la scelta del mezzo personale dettata da ragioni che, seppure legittime, “non assumono uno spessore sociale tale da giustificare un intervento di carattere solidaristico a carico della collettività”.
I giudici della Cassazione hanno rigettato il ricorso del lavoratore, a cui non è stato riconosciuto alcun indennizzo.

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