Lavoro socialmente utile. Rapporto di lavoro subordinato. Legittimità delle multe adottate da un l.s.u. A cura dell’Avv. Luca Larato

Lavoro socialmente utile. Rapporto di lavoro subordinato. Legittimità delle multe adottate da un l.s.u. A cura dell’Avv. Luca Larato

LavoriLavoro socialmente utile. Rapporto di lavoro subordinato. Legittimità delle multe adottate da un l.s.u. A cura dell’Avv. Luca Larato

L’argomento trattato in quest’articolo ha connotati meramente teorici, ma con rilevanza pratica di risalto quotidiano.

I connotati teorici consistono nell’illustrare le opinioni necessarie a sapere se tra ente pubblico comunale e lavoratore socialmente utile (l.s.u.) esiste un rapporto di lavoro subordinato.

La rilevanza pratica è immediata. Infatti, se alla fine del percorso teorico s’accetta che tra Comune e lavoratore socialmente utile esiste un rapporto di lavoro subordinato, allora le multe da questo adottate possiedono almeno un elemento favorevole, per essere considerate legittime e valide. Se, invece, s’accerta che tra Comune e l.s.u. non esiste rapporto di lavoro subordinato, le multe adottate da un l.s.u. in nessun modo possono essere considerate legittime e valide.

È doveroso premettere che la conclusione, cui quest’articolo perverrà, è assolutamente isolata nel panorama giuridico o, addirittura, veramente personale.

Alcuni sostengono l’inesistenza del rapporto di lavoro subordinato, basandosi sull’art. 4 D. Lgs. 81/´00: «L’utilizzo nelle attività di cui all’articolo 3 (attività socialmente utili, n.d.r.) non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro».

Però, una lettura letterale, non costituzionalmente orientata, violerebbe l’articolo in commento, perché escluderebbe un l.s.u. dall’applicazione della maggior parte della disciplina di tutela del lavoro subordinato con violazione anche dell’art. 3 Cost. per disparità di trattamento tra l.s.u. e altri dipendenti dell’ente pubblico.

Altri (ex ceteris, la più importante, Cassazione, Sez. Un., 3 gennaio 2007 n. 3 e, nel merito, Tribunale di Como 13.11.2003 n. 286) sostengono che c’è una diversità di causa (funzione) tra il contratto di lavoro subordinato ed il contratto di lavoro socialmente utile.

Secondo questa impostazione, il contratto di lavoro socialmente utile si conclude non in vista dello scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione (come normalmente avviene nei contratti di lavoro subordinato), ma in funzione dell’utilizzazione, per fini d’utilità pubblica, d’energie lavorative destinate, altrimenti, all’economia sommersa oppure alla dispersione. Da qui emergerebbe un ulteriore elemento di diversità tra il rapporto d’utilizzazione di l.s.u. e rapporto di lavoro subordinato.

A quest’opinione bisogna ribattere con un paio d’osservazioni.

In concreto, un l.s.u. riceve un compenso per le energie lavorative adoperate a favore dell’ente pubblico. Pertanto, non è possibile negare che il contratto di lavoro socialmente utile abbia la funzione di remunerare un l.s.u. per l’opera prestata a favore dell’ente pubblico. Questa funzione s’aggiunge all’altra (utilizzazione, per fini d’utilità pubblica, d’energie lavorative destinate, altrimenti, all’economia sommersa oppure alla dispersione) menzionata dalle Sezioni Unite. Quest’ultima funzione non può oscurare la prima, ché ha importanza paritaria, per non affermarne la preminenza, e non sussidiaria.

L’impostazione delle Sezioni Unite trascura una categoria di contratti atipici, denominati “contratti misti”, i quali sono caratterizzati dalla commistione di due o più cause di contratti tipici. Nella fattispecie il contratto di lavoro socialmente utile è caratterizzato dalla commistione di due cause: scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione nonché utilizzazione, per fini d’utilità pubblica, d’energie lavorative destinate, altrimenti, all’economia sommersa oppure alla dispersione. Come già scritto, nessuna di queste due cause può oscurare l’altra, perché l’una è presente nella realtà del rapporto di l.s.u., mentre l’altra è prevista per legge.

Inoltre, l’utilizzazione per fini d’utilità pubblica, lungi dall’escludere il rapporto di lavoro subordinato, attrae il lavoratore socialmente utile nella compagine aziendale dell’ente pubblico, connotandone, così, la subordinazione rispetto a quest’ultimo.

Basandosi sulla circostanza che il compenso a favore di un l.s.u. proviene anche da un fondo istituito presso il Ministero del Lavoro, le Sezioni Unite hanno voluto configurare il contratto di lavoro socialmente utile come un negozio trilaterale (ente pubblico utilizzatore, l.s.u. e Ministero) e così ontologicamente distante dal contratto di lavoro subordinato, che è, invece, un negozio bilaterale (datore di lavoro e lavoratore).

È meglio pensare, però, che nessuna trilateralità sussista, poiché il compenso proveniente dal Ministero del Lavoro è un connotato della funzione assistenziale del contratto, derivando da ciò che il Ministero non è parte (né formale né sostanziale) sia del contratto di lavoro socialmente utile sia del conseguente rapporto. Quindi, questi non sono caratterizzati da una trilateralità. D’altra parte, nessuno si sognerebbe d’escludere la natura subordinata del rapporto di lavoro del cassintegrato, soltanto perché il suo compenso proviene con scopo assistenziale dall’I.N.P.S.

La tesi contraria afferma ancora che il compenso di un l.s.u. non è proporzionato ex art. 36 Cost. alla quantità e alla qualità del lavoro prestato (come di regola per il prestatore di lavoro subordinato), ma predeterminato in maniera fissa.

Bisogna rispondere che la stessa tesi contraria afferma che non sempre la retribuzione è proporzionata ex art. 36 Cost. Quindi, la richiamata proporzione non è essenziale, per individuare i caratteri della retribuzione. Si tratta di una qualità della retribuzione, non di un requisito vitale per la sua individuazione.

Inoltre, la predeterminazione in misura fissa è caratteristica anche della retribuzione, che non è una variabile legata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato. In poche parole, la retribuzione non varia periodicamente (giornalmente o mensilmente) secondo i parametri previsti dall’art. 36 Cost., ma è sufficiente che sia inizialmente proporzionata alla qualità ed alla quantità delle mansioni pattuite.

Ogni diversa impostazione in merito sarebbe poco lusinghiera per un l.s.u., perché presuppone che costui sia un soggetto svantaggiato, così che il suo compenso possa essere considerato un’elargizione equivalente ad elemosina.

Inoltre, non è possibile tacere che la tesi avversaria si riferisce prevalentemente a l.s.u. adibiti a progetti di pubblica utilità, non a quelli utilizzati stabilmente per il perseguimento degli scopi istituzionali dell’ente. Le considerazioni, a cui favore questo lavoro si propone, però, possono interessare anche soltanto l.s.u. adibiti a progetti di pubblica utilità, pur essendo dirette ad affermare la subordinazione di l.s.u. impegnati nella prevenzione e nella repressione delle violazioni del codice della strada, attività istituzionalmente appartenenti all’ente comunale.

In realtà, il rapporto di lavoro socialmente utile, pur avendo una matrice assistenziale, costituisce un impegno lavorativo peculiare, continuato e retribuito, il quale giustifica l’applicazione d’alcuni istituti del rapporto di lavoro subordinato (cfr. tra le altre C. Cost. 16.07.1999 n. 310 e App. Potenza 31.05.2001).

La giurisprudenza richiamata applica l’art. 3 Cost., perché tutti i lavoratori devono godere dei medesimi diritti riconosciuti dalla Carta fondamentale.

A questo punto, si potrebbe pensare ad un’impasse. Gli l.s.u. hanno un rapporto di impiego con i Comuni oppure no?

Sicuramente, non hanno un rapporto di lavoro subordinato tipico come affermano la stessa C. Cost. 16.07.1999 n. 310 e l’art. 4 D. Lgs. 81/´00.

Però, nell’ordinamento giuslavoristico sono previste diverse figure di rapporto di lavoro subordinato speciale (lavoro domestico, lavoro domiciliare, lavoro sportivo, lavoro giornalistico…). Quindi, è coerente con il sistema inserire il lavoro socialmente utile nell’ambito del rapporto speciale di impiego subordinato.

La specialità sarebbe il carattere tipico di quella funzione assistenziale, che ha confuso gli adepti della tesi contraria, forse influenzati dai fini di una politica legislativa, tendenti al risparmio dei costi nella pubblica amministrazione.

La subordinazione è fondata sull’attinenza dell’oggetto della prestazione del lavoratore socialmente utile agli scopi istituzionali del Comune. In altri termini, un l.s.u. svolge compiti strumentali al perseguimento dei fini del Comune (in questo caso, la prevenzione e la repressione delle violazioni al codice stradale, le quali prevenzione e repressione sono scopi istituzionali dell’ente comunale). Non importa il risultato della prestazione, quanto l’energia lavorativa, che la prestazione mette a disposizione dell’ente. In tal modo, il lavoratore socialmente utile è elemento aziendale (si perdoni l’espressione, ma non esiste altra migliore) del Comune, pur non essendo inserito nella sua pianta organica.

Inoltre, il lavoratore socialmente utile è soggetto al potere direttivo e disciplinare del Comune. Infatti, gli indirizzi della sua attività sono dettati dalla dirigenza comunale, la quale ha anche il compito d’organizzare il procedimento disciplinare con irrogazione dell’eventuale sanzione a carico di un l.s.u. colpevole di illecito.

L’iscrizione alle liste di collocamento del lavoratore socialmente utile non esclude la configurazione di un rapporto di lavoro subordinato, sia perché ciò dipende dalla natura assistenziale dell’istituto sia perché sono previste altre forme di lavoro subordinato speciale, che contemplano l’iscrizione in specifici albi. Ad esempio, il lavoratore a domicilio resta un lavoratore subordinato speciale, anche se è iscritto all’albo delle imprese artigiane (cfr. Cass. 11431/´95).

Quindi, è possibile concludere che i l.s.u. hanno un rapporto di impiego subordinato con il Comune, sia pure speciale.

Negare ai l.s.u., come nega la Circ. Min. Int. 07.08.2007, l’assegnazione di funzioni di prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di sosta significa colpirli con un’illegittima discriminazione, lesiva dell’art. 3 Cost., rispetto agli altri impiegati della P.A. con equivalenti mansioni.

Il rilievo pratico di questo percorso teorico è che il verbale di irrogazione della multa, redatto da un l.s.u., ha almeno un elemento di legittimità e validità, in quanto redatto da personale legittimamente adibito alla funzione d’accertamento delle infrazioni del codice stradale.

 

Avv. Luca Larato

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