Il REATO DI MOLESTIE NON VIENE INTEGRATO NEL CASO DI SMS MINACCIOSI TRA PARENTI

Il REATO DI MOLESTIE NON VIENE INTEGRATO NEL CASO DI SMS MINACCIOSI TRA PARENTI

Con sentenza 14 febbraio 2019, n. 7067 la Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento del Tribunale di Cagliari che condannava una donna alla pena prevista per il reato di cui all’art.660 c.p. rubricato “Molestia o disturbo alle persone”. La norma in questione punisce con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino cinquecentosedici euro “chiunque reca a taluno molestia o disturbo” in un luogo pubblico ( o aperto al pubblico  ) ovvero tramite l’uso del telefono per “ petulanza o altro biasimevole motivo”.

In prima battuta, risulta utile ricordare che la Cassazione penale calca la definizione dottrinale di “molestia” e di “disturbo”, attribuendo alla prima la connotazione di un’attività che “altera dolosamente o fastidiosamente il normale equilibrio psico-fisico di una persona con azione durevole o momentanea” ( Cass. Pen. I, 24 marzo 2005 ) e alla seconda la connotazione di un’attività che “  interferisce con le condizioni di lavoro o di riposo di una persona normale” ; in entrambi i casi non rileva  se la condotta posta in essere vada ad integrare anche un serio attentato al bene dell’integrità morale della persona offesa.

Altresì, la Cassazione, nell’emissione della sentenza in esame, ricorre alla definizione dottrinale di “petulanza” o “altro biasimevole motivo” che devono permeare la condotta di “molestia” o di “disturbo” affinchè il fatto sussista penalmente.

Proprio quest’ultimo aspetto ha inciso nel caso in questione e ha permesso alla donna colpevole ex art. 660 c.p. per il Tribunale di Cagliari di aver molestato altro soggetto attraverso “reiterati messaggi telefonici di contenuto ingiurioso e minaccioso”, di essere prosciolta in Cassazione.

Per la Suprema Corte, il reato previsto dall’art. 660 cod. pen. ( nonchè la molestia che ne contraddistingue il nucleo centrale d’offesa ) “ ha come elemento costitutivo il particolare motivo che connota la condotta dell’autore” e “l’azione che caratterizza la condotta deve essere compiuta per petulanza o per altro biasimevole motivo, aspetto che entra nella tipicità strutturale della fattispecie e ne integra un requisito costitutivo”(Cass. Pen., Sez. 1. sentenza 14 febbraio 2019, n. 7067) e tale condizione viene meno nell’ipotesi di reciprocità e/o di ritorsione delle molestie.

Nel caso di specie, gli estremi del reato ex art.660 cod.pen. non sono stati ritenuti integrati poiché la questione traeva origine da “ragioni di tipo familiare, non biasimevoli” e “la persona offesa aveva risposto in egual misura alle offese ricevute dimostrando così di non aver subito turbamento o disturbo “.

Da qui, dunque, l’accoglimento della tesi difensiva della donna e del ricorso.

a cura della Dott.ssa Barbara Pirri

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