E’ sanzionabile ex art. 709 ter c.p.c. il trasferimento della residenza operato dal coniuge – Cassazione Civile 22 Ottobre 2010 n. 21718

 E’Sanzionabile ex art. 709 ter c.p.c. il trasferimento della residenza operato dal coniuge

Corte di Cassazione, 22 ottobre 2010 n. 21718

    

Non è impugnabile con il ricorso per Cassazione il provvediemnto ex art. 709 ter c.p.c. con il quale è stato è stato sanzionato, da Giudice di merito, il trasferimento della residenza operato dal coniuge collocatario del figlio minore in affidamento condiviso. Per gli “ermellini” è inammissibilità il ricorso per Cassazione avverso una sentenza emessa in sede di reclamo al provvedimento ex art. 709 ter c.p.c., promosso contestualmente al ricorso per divorzio, dato che, in presenza di un provvedimento presidenziale rigurtadante l’affidamento dei figli minori, bisogna far riferimento solo a questo atto, al fine  di evitare un’eventuale conpresenza di due diversi regimi di affidamento in merito al medesimo arco temporale.

Testo integrale:

Con ricorso ex art. 155 quater c.c., e art. 709 ter c.p.c., proposto davanti al Tribunale di Benevento, P.A. lamentava che la moglie separata R.A., collocataria del figlio minore N., affidato ad entrambi i genitori, aveva unilateralmente trasferito la propria residenza e quella del figlio nel Comune di (OMISSIS), contro l’interesse del minore stesso. Chiedeva sanzionarsi la moglie ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., e modificarsi il regime di affidamento, con domicilio del minore presso di sè.

Costituitasi, la R. chiedeva rigettarsi le domande del coniuge, precisando che lo spostamento della residenza era necessitato, essendo la casa di abitazione precedente troppo ristretta per il proprio nucleo familiare; in via riconvenzionale, chiedeva ammonirsi il marito, e condannarsi lo stesso al risarcimento di danno a favore del minore, per comportamento pregiudizievole.

Il Tribunale rigettava le richieste di entrambe le parti e ammoniva i genitori a limitare la loro conflittualità, nell’interesse del figlio.

Proponeva reclamo il P., ribadendo la richiesta di modifica delle modalità di affidamento del figlio e di ammonimento della moglie. Si costituiva la R., che chiedeva dichiararsi l’esercizio disgiunto della potestà, nell’ambito dell’ordinaria amministrazione, nonchè disporsi l’iscrizione del minore presso la scuola del luogo di propria residenza.

La Corte d’Appello di Napoli, con decreto 17-10/12-12-2008, confermava l’affido condiviso, ma disponeva il collocamento del minore presso il padre; ammoniva ex art. 709 ter c.p.c., la R. ad attenersi, nelle modalità di gestione dell’affidamento, al rispetto delle esigenze del minore;

revocava l’ammonimento al padre.

Ricorre per cassazione la R., sulla base di cinque motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per una migliore intelligenza delle questioni prospettate, pare opportuno premettere una pur breve disamina del disposto dell’art. 709 ter c.p.c..

Come è noto, tale articolo è stato introdotto dalla L. n. 54 del 2006, che pure ha disciplinato l’affidamento condiviso, e l’intento del legislatore appare palesemente quello di fornire uno strumento per la soluzione di conflitti tra genitori, riguardo ai figli, che, a seguito della nuova normativa, potrebbero presentarsi più frequentemente.

La competenza è attribuita al giudice del procedimento in corso (separazione, divorzio, annullamento del matrimonio, affidamento di figli di genitori non uniti in matrimonio) ovvero, una volta che esso sia concluso, al giudice che conoscerebbe i procedimenti ex art. 710 c.p.c., (modifica delle condizioni di separazione). E’ da ritenere che il rito sia quello camerale, ai sensi dell’art. 737 c.p.c. e segg..

L’oggetto della procedura attiene alle controversie insorte in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità di affidamento: da un lato, dunque, conflitto tra i genitori sulle questioni di maggiore interesse, ai sensi dell’art. 155 c.c., comma 3, (la scelta della scuola, un intervento medico sul minore, ecc.), ma pure – è da ritenersi – di “ordinaria amministrazione”, espressione evidentemente usata in modo atecnico dal legislatore, non riferendosi ai soli rapporti patrimoniali (il modo in cui il minore si veste, gli spettacoli cui può assistere, ecc…), dall’altro, controversie sulla “interpretazione” dei provvedimenti del giudice, che potrebbero condurre (non ad una modifica, ma) ad una più precisa determinazione e specificazione.

Tali provvedimenti, esaurita la fase del reclamo, non appaiono ricorribili per cassazione, pur coinvolgendo diritti fondamentali dell’individuo (dovere – diritto dei genitori di mantenere, educare, istruire i figli, e correlativi diritti del figlio stesso), non assumendo contenuto decisorio, ma attenendo piuttosto al controllo esterno sulla potestà; nè essi hanno carattere di definitività, potendo essere sempre riproposte le questioni con successivo ricorso (al riguardo, tra le altre, Cass. n.1611 del 2009).

Ma l’art. 709 ter c.p.c., prevede ulteriori possibilità di intervento del giudice. Egli “in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore” od ostacolino il corretto esercizio delle modalità di affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore: effetto evidentemente analogo a quello perseguito con la procedura di cui all’art. 710 c.p.c., (e, sotto il profilo sostanziale, va pure ricordato l’art. 155 ter c.c.). A ben venere, tale intervento va riguardato come una specificazione volta alla modifica delle condizioni di separazione, divorzio, o di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, ove sopravvengano mutamenti di circostanze, alla base dei provvedimenti già assunti.

Il mutamento si concretizza proprio nel comportamento dei genitori, gravemente inadempiente, pregiudizievole al minore o impeditivo dell’esercizio delle modalità di affidamento.

Ancora, il Giudice può ammonire il genitore inadempiente o condannarlo al pagamento di una sanzione amministrativa, nonchè disporre il risarcimento dei danni nei confronti del minore o dell’altro genitore.

La ricorribilità o meno di tali provvedimenti, a seguito del reclamo, resta ovviamente influenzata dalla natura delle misure adottate.

E’ appena il caso di osservare che l’indicazione contenuta nell’art. 709 ter c.p.c., u.c., “i provvedimenti assunti (…) sono impugnabili nei modi ordinari”, va considerata come mero richiamo ai mezzi “ordinari” di impugnazione per quella specifica tipologia di provvedimenti, dipendente dalla loro natura, contenuto e finalità.

Venendo all’analisi del ricorso, per ragioni sistematiche, si esamineranno dapprima i motivi primo, secondo, terzo e sesto.

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per totale carenza di motivazione, là dove la Corte di merito afferma che la medesima non ha fornito prova alcuna del consenso del P. al suo trasferimento, insieme con il figlio collocatario, in altro comune (e ciò senza esaminare le sue istanze istruttorie, volte a dar prova di tale circostanza); con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 115 c.p.c., non avendo il giudice a quo dato ingresso alla predetta prova richiesta dalla parte; con il terzo, lamenta violazione dell’art. 155 quater c.p.c., nella parte in cui il provvedimento impugnato ha ritenuto che, mutando le modalità di affidamento del figlio con il cambio di residenza, essa avrebbe dovuto necessariamente adire l’autorità giudiziaria; con il sesto, deduce violazione dell’art. 155 c.c.; artt. 112, 115 e 116 c.p.c., là dove il giudice a quo ha modificato il regime di affidamento condiviso, disponendo la collocazione del minore presso l’abitazione paterna.

Va precisato che i motivi suindicati sono strettamente collegati: le censure sulla mancata ammissione di prova sono direttamente funzionali a quella sulla modifica delle modalità di affidamento.

Riguardo ad esse, la R. appare carente di interesse, atteso che, come dedotto e documentato dal controricorrente, dopo la proposizione del ricorso in esame la medesima ha depositato in data 9/2/2009 ricorso per divorzio e, contestualmente, ex art. 709 ter c.p.c., dinanzi al Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, e che all’udienza del 7 maggio 2009 il presidente, condividendo le valutazioni espresse dalla Corte di Appello di Napoli, ha confermato il regime di affidamento in atto. Appare invero evidente che un eventuale accoglimento dei motivi lascerebbe integro il regime di affidamento già disposto, in quanto autonomamente recepito nel provvedimento presidenziale emesso in sede di divorzio.

L’impossibilità logica e giuridica di coesistenza di due diversi regimi di affidamento in relazione al medesimo arco temporale e per altro aspetto la natura cautelare del provvedimento presidenziale adottato in sede di divorzio comportano che detto provvedimento e quelli successivi eventualmente pronunciati nel corso del procedimento costituiscono dalla data della loro emissione l’unica disciplina regolatrice del regime di affidamento.

I motivi suindicati appaiono pertanto inammissibili.

Rimangono da esaminare i motivi quarto e quinto: la R. lamenta violazione degli artt. 115, 116 e 709 ter c.p.c., là dove il giudice a quo ha comminato nuovamente nei suoi confronti la sanzione dell’ammonimento ad attenersi alle modalità di gestione dell’affidamento del minore, nel rispetto delle esigenze di questo, ed ha revocato la relativa ammonizione al P., inflitta dal primo giudice.

Tali provvedimenti non sono suscettibili di impugnazione in questa sede, in quanto meramente sanzionatori e privi del carattere della decisorietà, e i relativi motivi vanno dichiarati inammissibili.

Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile.

La natura della controversia richiede la compensazione delle spese tra le parti.
PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dichiara compensate le spese di giudizio tra le parti.

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