Determinazione dell’onorario dell’avvocato con convenzione – Corte di Cassazione Civile Sentenza n. 9488 del 28.04.2011

La Corte di Cassazione ribadisce  la legittimità della convenzione con la quale una amministrazione pubblica si riserva la facoltà di determinare, unilateralmente, il compenso dei legali che lavorano per essa, con il solo limite dei minimi tariffari della professione forense.

La contestazione del professionista colpisce in particolare una clausola, contenuta nella convenzione regolante i rapporti tra il Comune e i propri legali di fiducia, secondo la quale, per il Comune, il professionista avrebbe rinunciato alla facoltà di determinare il proprio onorario. La clausola stabiliva che «per tutta l’opera prestata […] i compensi di avvocato le saranno liquidati dall’Amministrazione, con intesa che non si discenderà al di sotto dei minimi tariffari, mentre i diritti di procuratore le saranno corrisposti a norma di tariffa; il tutto, naturalmente, oltre le spese giustificate, come per legge», la clausola, avrebbe affidato esclusivamente all’amministrazione la competenza di determinare l’onorario del legale, con l’esclusivo limite dei minimi tariffari. Nel caso specifico, non avendo il Comune provveduto a determinarlo, l’onorario è stato automaticamente liquidato nella misura del minimo tariffario.Per la Cassazione,  “l’elencazione contenuta nell’art. 1341, secondo comma, cod. civ. ha carattere tassativo, di talché è ammessa l’interpretazione estensiva ma non quella analogica”, cioè, richiamando una precedente decisione (Cass., Sez. II, 7 febbraio 2003, n. 1833), la Cassazione ha considerato come non vessatoria la clausola contestata perché essa non limita “la facoltà di opporre eccezioni”, bensì definisce l’oggetto del contratto “individuando il corrispettivo della prestazione con riferimento all’entità e alle modalità di liquidazione del compenso professionale”.

Inoltre la Suprema Corte smentendo l’assunto difensivo  del  professionista affermava che: «L’autonomia negoziale delle parti, nella determinazione del compenso, non incontra altro limite che quello del rispetto del minimo fissato dalle tariffe inderogabili, sicché, ove non insorga questione sull’osservanza di tali limiti, deve escludersi la possibilità, per il giudice, di ricorrere a una liquidazione del compenso stesso in misura diversa da quella pattuita, a norma dell’articolo 2233 del Codice civile, a prescindere da ogni indagine sulla congruità del quantum convenuto rispetto all’importanza dell’opera e al decoro della professione».

Infine, anche l’ultimo motivo di ricorso viene rigettato: la Corte ribadisce, come da precedente Sez. III del 12 ottobre 1998, n. 10081, che la quantificazione dell’onorario non può essere calcolata sulla somma del valore delle domande proposte dai diversi attori nello stesso processo (in caso di litisconsorzio facoltativo art. 103 del Codice di procedura civile).

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