Chi gestisce linee erotiche non può essere condannato per sfruttamento della prostituzione
La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, accogliendo il ricorso di un uomo condannato per sfruttamento della prostituzione per i suoi inviti ad effettuare telefonte a sfondo sessuale, ha stabilito che le telefonate erotiche, e cioè “semplici prestazioni vocali”, sia pure effettuate al fine di eccitare sessualmente l’interlocutore, non possono “equivalere a prestazioni sessuali, non impegnando zone corporali erogene” e, dunque, anche se ottenuto a seguito di un corrispettivo, non configurano, il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione da parte di chi le organizza.
I Giudici di piazza Cavour, sostengono infatti che , “non era la ragazza a compiere atti sessuali, né su stessa né su diverse persone, ma era il cliente, autonomamente, a compierli su se stesso sulla scorta delle conversazioni erotiche”, facendo così venir meno, “la componente lesiva della dignità della prostituta”, che ha spinto il legislatore a punirne lo sfruttamento, consistente “nella messa a disposizione del proprio corpo alla mercé e secondo la volontà del cliente”.