Anche un singolo episodio di violenza nei confronti del coniuge fa  scattare l’addebito della separazione  – Cassazione Civile, Sentenza n. 817 del 14 Gennaio 2011

Anche un singolo episodio di violenza nei confronti del coniuge fa scattare l’addebito della separazione – Cassazione Civile, Sentenza n. 817 del 14 Gennaio 2011

coppia-divisa-2Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. Sent. del 14.01.2011, n. 817

Anche un solo episodio di violenza fisica nei confronti del coniuge può comportare l’addebito della separazione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha stabilito che ai fini dell’addebito della separazione, può essere sufficiente anche un singolo episodio di violenza nei confornti del coniuge.
Il Supremo Giudice di legittimità, ha accolto il ricorso incidentale, promosso da una moglie, avverso la pronuncia di appello con cui il giudice del merito aveva escluso l’addebito della separazioni al marito, sostenendo che  che un singolo ed isolato atto di violenza fisica, pur altamente riprovevole, non può, ove non sia seguito da ulteriori comportamenti violenti, considerarsi quale causa o concausa di rilievo della crisi matrimoniale, proprio perchè la “tipicità del fatto patologico presuppone in re ipsa che vi sia un contesto di normalità fisiologica del quadro relazionale all’interno della coppia”.

 Testo integrale:

Svolgimento del processo


Con sentenza parziale datata 21.1.04 (dep. il 16.2.2004) il Tribunale di Macerata dichiarava la separazione coniugale tra A.L. e S.C., addebitando la separazione al marito, disponendo la prosecuzione del giudizio al fine di decidere in ordine alle questioni economiche controverse.

Detta sentenza veniva impugnata dall’ A. dinanzi alla Corte d’Appello di Ancona, che, con sentenza 9.11.11.2005, in parziale riforma della sentenza summenzionata, revocava la pronuncia di addebito all’ A.

Avverso detta sentenza A.L. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi illustrati con memoria. S. C. ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, cui l’ A. ha resistito con controricorso.


Motivi della decisione


Con il primo motivo l’ A. denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 143 e 151 c.c. e art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Deduce il ricorrente che la corte di merito avrebbe omesso ogni pronuncia su alcuni motivi di gravame e precisamente, in sintesi: avrebbe omesso di pronunciare sul motivo attinente alla violazione da parte della S. del dovere di fedeltà coniugale, inteso non solo come esclusività del rapporto sessuale, ma anche come assunzione di un impegno di dedizione fisica e spirituale (intesi come impegno a non tradire l’altrui fiducia, identificandosi detto dovere soprattutto con il concetto di dignità personale e solidarietà familiare. La predetta avrebbe tenuto una serie di comportamenti, come comprovato dalle risultanze processuali, posti in essere al solo scopo di ledere la dignità dell’ A.; avrebbe omesso nel pronunciare su violazioni di doveri, quale quello di cercarsi un lavoro e di rispettare la cultura e professionalità del coniuge, scaricando sullo stesso tutte le proprie frustrazioni ed insoddisfazioni, traducendole in desiderio di rivalsa, con la conseguenza di interpretare ogni affermazione del coniuge nel campo professionale e sociale come diminuzione del proprio essere nella vita familiare e nei rapporti interpersonali. In definitiva la corte di merito non avrebbe valutato violazioni di doveri, rientranti nel cd. principio paritario, implicante l’aiuto vicendevole, la reciproca protezione ed il mutuo sostegno nelle necessità quotidiane.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Secondo il ricorrente il giudice a quo non avrebbe adeguatamente giustificato la decisione adottata in relazione al motivo attinente alla attività lavorativa mai svolta dalla S., avendo detto giudice ritenuto di escludere il dovere della moglie di attivazione del suo potenziale lavorativo solo alla luce dei consistenti redditi del marito; non avrebbe motivato adeguatamente in ordine alla denunciata violazione del dovere di assistenza morale, avendo preso in considerazione, al fine di operare tale valutazione, esclusivamente l’episodio della mancata partecipazione della moglie alla veglia funebre in occasione del decesso della suocera, senza valutare tale episodio nel contesto di altre circostanze che in una considerazione complessiva dei fatti avrebbero dovuto condurre il giudice a ritenere l’esistenza della denunciata violazione.

I due motivi del ricorso principale, che essendo strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Numerosi studiosi della materia ritengono che l’osservanza dell’esclusiva sessuale rappresenti solo un aspetto ed una naturale conseguenza dell’adempimento del dovere di fedeltà, che andrebbe inteso, secondo un significato più esteso, quale dedizione piena verso l’altro coniuge. Il ricorrente propone in questa sede questa tesi contraddetta, però, da altri validi studiosi. Il ricorrente, sulla base di questo più ampio contenuto del dovere di fedeltà coniugale, elenca alcune circostanze, che non sarebbero state considerate dal giudice a quo, e che, se valutate, avrebbero dovuto portare detto giudice ad addebitare alla S. la separazione.

Dalla sentenza impugnata risulta che il giudice a quo ha preso in considerazione i comportamenti addebitati alla moglie dall’ A. e ne ha dato una diversa, adeguata e plausibile giustificazione, diversa da quella che l’ A. ha attribuito agli stessi in sede di merito ed ora vorrebbe attribuire in sede di legittimità, per cui il ricorso appare ai limiti dell’ammissibilità, richiedendo il ricorrente, in definitiva, alla Corte di Cassazione di procedere ad una nuova e diversa valutazioni dei fatti non consentita in sede di legittimità.

Prima di procedere all’esame del ricorso incidentale va esaminata l’eccezione di inammissibilità dello stesso per essere stato notificato alla parte personalmente e non al difensore officiato per la proposizione del ricorso principale.

L’eccezione è infondata. Il controricorso con l’incluso ricorso incidentale, come risulta dalla relata di notifica, è stato notificato ad A.L. presso l’avvocato domiciliatario R. L., in via (…), , che è il legale presso il quale il difensore del ricorrente G. B., del Foro di Macerata, ha eletto il domicilio in (…), come si evince dalla procura in calce al ricorso per cassazione. La predetta notifica soddisfa pertanto l’esigenza di assicurare che il controricorso con il ricorso incidentale vengano portati a conoscenza della parte, come rappresentata dal suo difensore tecnico e come tale qualificato a valutare l’opportunità di contro dedurre, cosa che è stata fatta, sanando in tal modo, ammesso che possa ritenersi sussistente, l’irritualità della notifica.

Con il ricorso incidentale la S. denuncia violazione e falsa applicazione art. 151 c.c., comma 2, e dell’art. 143 c.c., nonché difetto di motivazione.

Tale ricorso è fondato.

Il giudice a quo ha escluso l’addebito della separazioni all’ A., affermando che “un solo episodio di violenza fisica, pur altamente riprovevole, non può, ove non corrisponda ad un comportamento tendenzialmente reiterativo (tale cioè da dar vita ad un atteggiamento che si radichi in qualche modo nel “menage” coniugale) considerarsi quale causa o concausa di determinante rilievo della crisi coniugale, proprio perchè la isolata episodicità del fatto patologico presuppone “in re ipsa” che vi sia un contesto di normalità fisiologica del quadro relazionale all’interno della coppia”.

Tale affermazione non può essere condivisa. Il giudice a quo ha omesso di considerare che la S. è stata indotta a presentare istanza di separazione subito dopo tale gravissimo episodio, asserendo che tale fatto non costituiva un comportamento isolato, ma che il marito era solito “alzare le mani” per futili motivi; circostanza questa che il giudice a quo avrebbe dovuto valutare alla luce delle provate percosse, inflitte dal marito alla moglie per avere la stessa gettato nella spazzatura un pezzo di pane raffermo, cioè per un futilissimo motivo.

Il fatto che risulti provato, per testi, un unico episodio di percosse, non può far ritenere, dinanzi alle affermazioni della S. di comportamenti di violenza non isolati, avvenuti tra le mura domestiche e, quindi, difficilmente provabili, in mancanza di lesioni evidenti, tramite testi, che l’episodicità del fatto, ritenuta senza una adeguata e logica motivazione, presuppone “in re ipsa” che vi sia un contesto di normalità fisiologica del quadro relazionale interno alla coppia.

Con tale affermazione si viene ad affermare che un solo episodio di percosse non è di per sé un fatto grave e non è lesivo e gravemente lesivo della dignità della persona umana, tesi che assolutamente non può essere condivisa. Un simile comportamento costituisce affermazione della supremazia di una persona su di un’altra persona e disconoscimento della parità della dignità di ogni persona, che è il principio che sta alla base di tutti i diritti fondamentali considerati dalla nostra Costituzione, ed è, pertanto, comportamento di per sé idoneo a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia.

Per quanto precede, mentre il ricorso principale – che va previamente riunito a quello incidentale, perchè proposti avverso la medesima sentenza – deve essere respinto, il ricorso incidentale deve essere accolto; la sentenza deve essere cassata in relazione all’accoglimento di tale ricorso e la causa deve essere rinviata alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, che nel giudicare si adeguerà al principio di diritto sopra enunciato.


P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, accoglie l’incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

Depositata in Cancelleria il 14.01.2011

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