Responsabilità professionale dell’Avvocato – maglie sempre più strette

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Tempi duri per  gli Avvocati;la Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 3897 del 25.06.2015, ha stabilito che l’omessa considerazione di disposizioni contenute nel codice di procedura civile integra la responsabilità professionale del legale, tenuto conto che il professionista di media diligenza e preparazione è tenuto a conoscerle.

Per tale  motivo, il giudice del gravame,  ha condannato al risarcimento del danno un avvocato che aveva portato in esecuzione una fattura commerciale, senza rispettare la regole della procedura.

La sentenza, de quo, ricorda che secondo la Cassazione, l’affermazione della responsabilità professionale dell’avvocato «pur non implicando una indagine sul sicuro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere diligentemente coltivata dal professionista, comporta comunque l’accertamento della idoneità della condotta»;

per tale motivo, «il giudice, partendo dalla condotta (in questo caso commissiva) del professionista deve accertare, senza approssimazioni o incongruenze logiche, la fondata probabilità (c.d. causalità ipotetica) che l’evento dannoso, senza la colposa azione, non si sarebbe prodotto».

L’accertamento del rapporto di causalità ipotetica «deve, poi, resistere alla verifica controfattuale che, ipotizzando al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, deve concludersi affermando che, in questo caso, il danno sarebbe stato evitato o grandemente ridotto». Quanto, invece, all’onere della prova, al creditore che agisce per l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) è sufficiente la mera allegazione della violazione contrattuale qualificata dalla descrizione delle violazioni, poiché, secondo l’ordinario riparto dell’onere della prova indotto dall’articolo 1218 c.c., resta sempre a carico del debitore l’onere di provare l’esatto adempimento, cioè di aver tenuto un comportamento diligente (Cass. n. 11901/2002).

È dunque palese, conclude la Corte di Appello, l’errore in cui è incappato il giudice di primo grado, ignorando che la sentenza del tribunale di Roma, con cui era stato dichiarato nullo il precetto, era motivata proprio con l’impossibilità di portare in esecuzione una fattura commerciale, e con il mancato rispetto della procedura relativa alle modalità esecutive; quindi, la condanna alle spese processuali, di cui la cliente ha chiesto il ristoro, è «conseguenza diretta ed immediata della negligenza imputabile al professionista appellato, considerato che una più accorta condotta processuale, consistente nell’evitare la notifica del precetto senza un valido titolo esecutivo e la inevitabile opposizione, avrebbe certamente evitato alla parte assistita, oltre al mancato rimborso delle spese anticipate per le riparazioni, anche la condanna al pagamento delle spese processuali al debitore moroso».

L’avvocato è stato così condannato a pagare 4.425 euro ed a rimborsare le spese del doppio grado di giudizio.

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