Se l’avvocato produce  una parcella dettagliata il giudice non ha il potere di ridurne l’ammontare  senza una valida motivazione-Corte di cassazione, Sez. Lavoro , sentenza 8 giugno 2011 n. 12461

Se l’avvocato produce una parcella dettagliata il giudice non ha il potere di ridurne l’ammontare senza una valida motivazione-Corte di cassazione, Sez. Lavoro , sentenza 8 giugno 2011 n. 12461

 

toga-avvocato_48235Corte di Cassazione Sezione Lavoro, sentenza n. 12461/2011

La Corte di Cassazione Sezione Lavoro, con la sentenza n. 12461/2011 ha stabilito che il giudice di merito che liquida la parcella di un legale non ha il potere di effettuare  riduzioni “sommarie” in presenza di una nota spese dettagliata presentata dallo stesso  professionista, avendo quindi l’obbligo di  motivare in modo puntuale le voci dell’onorario che intende decurtare  o cancellare.

Nel caso specifico un avvocato aveva presentato una nota spese corretta ed estremamente dettagliata al giudice di merito che arbitrariamente ne aveva ridotto l’importo senza addurre valida motivazione; i Giudici di Piazza Cavour  hanno ritenuto  che tale  comportamento non sia legittimo perché in questo modo si rimette  la quantificazione della somma complessiva di diritti e onorari a personalistiche considerazioni.

Leggi la sentenza

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17926/2007 proposto da:

V.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MOBILIA FABRIZIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

Contro

 

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE;

– intimato –

 

avverso la sentenza n. 615/2006 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 13/06/2006 r.g.n. 150/04 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/03/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Messina, con la sentenza n. 615 del 2006, rigettava l’appello principale proposto dall’INPDAP, nei confronti di V.G., avverso la sentenza del Giudice del lavoro di Messina del 10 dicembre 2003 e accoglieva l’appello incidentale proposto da quest’ultimo in ordine alla medesima sentenza, nei confronti dell’INPDAP, con la conseguente condanna di detto Istituto ai pagamento della rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT e degli interessi legali nei limiti di cui alla L. n. 412 del 1991, art. 16, con decorrenza dal 24 maggio 1994 all’effettivo saldo.

2. Il Giudice di appello condanna l’INPDAP al pagamento delle spese del relativo grado di giudizio, liquidate in Euro 993,35, in favore del procuratore anticipatario dell’appellante V.G., oltre IVA e CPA e rimborso spese generali.

3. Ricorre per la cassazione della suddetta statuizione sulle spese del giudizio d’appello V.G., prospettando un unico motivo di ricorso.

4. Il V. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

 

Motivi della decisione

 

1. Con l’unico motivo di ricorso il V. prospetta la violazione dell’art. 91 c.p.c., e L. n. 794 del 1942, art. 24, nonchè del D.M. Grazia e Giustizia n. 585 del 1994, e del Ministro della Giustizia n. 127 del 2004, recanti rispettivamente approvazione delle delibere del Consiglio Nazionale Forense in data 12 giugno 1993, 29 settembre 1994, 25 settembre 2002, che stabiliscono i criteri per la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati ed ai procuratori legali per le prestazioni giudiziarie in materia civile e penale e stragiudiziali.

Contraddittoria motivazione su un punto decisivo del giudizio.

Deduce il ricorrente che la Corte d’Appello, nel liquidare, in ragione del principio di cui all’art. 91 c.p.c., le spese di giudizio non aveva rispettato i minimi tariffari inderogabili in relazione al valore della controversia, benchè nella sentenza fosse dedotta la correttezza della richiesta di liquidazione dei diritti, anche in riferimento al dedotto valore della controversia, ed esso ricorrente avesse depositato specifiche note spese.

1.1. In relazione al suddetto motivo è stato articolato il seguente quesito di diritto: se in tema di liquidazione di spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte, può limitarsi o meno ad una globale determinazione, in misura inferiore a quelle esposte, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, senza dare adeguata motivazione dell’eliminazione o della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24. 2. Il motivo è fondato.

3.Come la giurisprudenza di legittimità ha avuto già modo di affermare, la determinazione degli onorari di avvocato e degli (onorari) e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità, se non quando sia stato l’interessato stesso a specificare le singole voci della tariffa che assume essere state violate (Cass., sentenza n. 10350 del 1993).

Ancora è stato affermato il principio secondo il quale la parte che censuri la sentenza di primo grado con riguardo alla liquidazione delle spese di giudizio, lamentando la violazione dei minimi previsti dalla tariffa professionale, ha l’onere di fornire al giudice d’appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando, in maniera specifica, gli importi e le singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado; ne tali indicazioni possono essere desunte da note o memorie illustrative successive, la cui funzione non è quella di formulare censure ma solo quella di chiarire le censure tempestivamente formulate (Cass., sentenza n. 19419 del 2009).

La Corte d’Appello, pur affermando che, sulla base della nota spese prodotta, verificata la correttezza della richiesta liquidazione dei diritti, anche in riferimento al dedotto valore della controversia preso in considerazione nella individuazione dei minimi fissi tabellarmente individuati, e quantificando gli onorari sulla base dei minimi previsti, in relazione all’importanza della controversia e alle ragioni dedotte, quasi seriali, riteneva di liquidare a favore del procuratore antistatario del V. per l’attività svolta in giudizio la complessiva somma di Euro 375,00 per onorari e Euro 620,35 diritti, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA. Il Giudice d’Appello, quindi, pur in presenza di dettagliate note spese, riprodotte nell’odierno ricorso, non ha offerto elementi argomentativi volti a chiarire quali voci avesse ritenuto non attribuibili, affidando la determinazione della somma complessiva di diritti e di onorari a enunciazioni generiche ed astratte, prive di riferimenti concreti alla fattispecie in questione, ai fini della verifica del rispetto dei minimi tariffari.

Nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, è riscontrabile, pertanto, il deficiente esame di punti decisivi in ordine alla statuizione sul governo delle spese conforme al rispetto dei minimi tariffari.

4. Pertanto il ricorso va accolto.

5. Con l’accoglimento del motivo di ricorso la pronunzia di merito deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Catania che, uniformandosi ai principi enunciati, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso. Cassa con rinvio alla Corte d’Appello di Catania anche per le spese del presente giudizio.

 

 

 
 
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