Rischia fino a 4 mesi di reclusione chi pubblica su internet, senza autorizzazione, un numero di cellulare – Cassazione Penale sentenza n. 21839/2011

Rischia fino a 4 mesi di reclusione chi pubblica su internet, senza autorizzazione, un numero di cellulare – Cassazione Penale sentenza n. 21839/2011

privacyCorte di Cassazione Penale sentenza n. 21839/2011
Occhio a scrivere su Facebook, o su qualsiasi altra Chat pubblica dati sensibli (come il nuomero di cellulare)  senza la necessaria autorizzazione della persona interessata.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 21839/2011, nel ribadire la condanna inflitta dalla Corte di Appello di Milano, ha comminato 4 mesi  di reclusione all’imputato, reo di aver pubblicato  su una chat-line  il numero di cellulare di un suo “amico”, in violazione ai dettami previsti dall’art. 167 del Dlgs 196/03.

Nel caso in oggetto, durante un colloquio in chat, tal “weboy21″, nickname dell’imputato, si inseriva in un canale privato gestito dalla vittima, intrattenendo con la stessa una conversazione  poi scaduta in una telefonata piena di insulti; successivamente a ciò, l’imputato decideva di diffondere sulla chat pubblica, senza la necessaria autorizzazione, il numero dell’utenza cellulare privata dell'”amico virtuale”

Per il Giudici di Legittimità, l’articolo di legge  che vieta il trattamento di dati personali si applica a qualunque soggetto, anche ai semplici privati, e non solo coloro che sono “titolari” di informazioni per motivi “istituzionali”, i quali sono obbligati a rispettare tutte le  regole, tese a tutelare,  la riservatezza; contrariamente, si afferma nella la sentenza, si finirebbe per ” con l’esonerare in modo irragionevole dall’area penale tutti i soggetti privati, così permettendo quella massiccia diffusione di dati personali che il legislatore, invece, tende ad evitare….Può quindi affermarsi senza tema di smentita – prosegue la Corte – che l’assoggettamento alla norma in tema di divieto diffusione di dati sensibili riguardi tutti i soggetti entrati in possesso di tali dati», i quali saranno obbligati a “a rispettare sacralmente» la privacy, in modo da «assicurare un corretto trattamento di quei dati senza arbitrii o pericolose intrusioni”.

 Inoltre la punibilità dei comportamenti delittuosi non può neppure essere esclusa qualora l’acquisizione delle informazioni personali sia avvenuta casualmente  dato che la norma non punisce di certo il recepimento del dato, quanto la sua indebita diffusione.
In conclusione, nel caso oggetto della pronuncia, la Corte di  Cassazione, nell’accertare che la pubblicazione del numero del cellulare viola i principi della privacy, ha sostenuto che  «la diffusione in ambito generalizzato di una utenza cellulare è certamente produttiva di un danno, essendo il telefonino per sua natura intrinseca riservato, tant’è che non compare neppure negli elenchi pubblici”.


 

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