“PER DIVULGARE L’IMMAGINE DI UNA PERSONA NON BASTA IL CONSENSO IMPLICITO” Trib. Roma, sez. I, 22 marzo 2011, gu. Pagliari

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA

PRIMA SEZIONE CIVILE

In persona del Giudice dott.ssa Anna Maria Pagliari, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile in primo grado iscritta al n. 21174 R.G.A.C. dell’anno 2007, posta in decisione con termini ex art. 190 c.p.c. sino al 11.11.2009, vertente

TRA

Ra.Ma. nato a Forlì il (…) elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio degli avv.ti St.Ve. e Al.Me., che lo rappresentano e difendono in giudizio;

Attore

E

Pi.Ed. s.r.l., in persona dell’amministratore unico legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avv. Ni.Ro. che la rappresenta e difende in giudizio;

Convenuta

e

Ci.An.

Convenuto contumace

OGGETTO: risarcimento danni; 

Svolgimento del processo

con atto notificato il 20.3.2007 l’attore conveniva in giudizio la società editrice ed il direttore responsabile della rivista settimanale “Vip” per sentirli condannare al risarcimento dei danni morali e comunque non patrimoniali, quantificati nell’importo complessivo di 175.000,00 Euro, subiti a seguito della lesione al diritto all’immagine e alla propria reputazione seguita all’uso arbitrario di alcune fotografie pubblicate sul numero del 14 settembre 2006, che lo ritraevano completamente nudo sulla spiaggia di Formentera in compagnia della “show girl” televisiva Al.Fa. anch’ella fotografata senza reggiseno, accompagnate da didascalie che riproducevano nome e cognome dell’attore e contenevano allusioni a sue abitudini di vita in tono offensivo;

la società editrice convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda, assumendo la liceità della pubblicazione fotografica contestata, in quanto relativa a foto realizzate in luogo pubblico nei confronti di un personaggio televisivo, gli effetti della cui notorietà dovevano ritenersi estesi all’attore poiché consapevole dei rischi di tal genere connessi all’accompagnarsi ad una persona prevedibilmente seguita a fini fotografici nonché la liceità degli scritti contenuti nelle didascalie in quanto caratterizzati da un contenuto palesemente ironico;

il direttore responsabile Ci. non si costituiva in giudizio; all’esito dell’istruttoria la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti.

Motivi della decisione
Dalla disciplina complessiva sulla tutela del diritto all’immagine (artt. 10 c.c. 96 e ss. legge autore) può inequivocabilmente desumersi come necessario presupposto alla diffusione del ritratto – concetto al quale indubbiamente sono riconducibili le fotografie in contestazione in quanto riproducibili l’immagine riconoscibile dell’attore – il consenso della persona ritratta. Non appare invero ricorrere, nella fattispecie, alcuna delle ipotesi di esclusione della necessità del consenso della persona interessata e, quindi, di libera divulgazione della riproduzione fotografica, previste dall’art. 97 legge autore, ove considerata peraltro la natura della rivista “Vip” (notorietà della persona, ragioni di giustizia, scopi scientifici, didattici o culturali, connessione con fatti o eventi pubblici). Nella specie il mancato consenso del Ra. all’utilizzazione del suo ritratto rende illecita l’attività divulgativa attuata dai convenuti, i quali sono – di conseguenza – tenuti al risarcimento del danno da lesione al diritto di immagine.

Non appare invero condivisibile quanto la società convenuta deduce in ordine alla presunta non necessità del consenso esplicito dell’attore per essersi egli accompagnato a persona nota, sulla base di una pretesa prevedibilità di essere, perciò, inevitabilmente soggetto a scatti fotografici anche in relazione a momenti di vita privata, in tale comportamento ravvisandosi, cioè, una manifestazione di consenso implicito.

Deve, invero, rammentarsi che la normativa anzi richiamata ha inteso subordinare al consenso la divulgazione dell’immagine non l’esecuzione (“il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa…”): in difetto di consenso esplicito alla divulgazione, la giurisprudenza ha ritenuto applicabili limiti estremamente rigorosi alla prova del consenso implicito, rimessa alla valutazione del comportamento dell’interessato in relazione allo scopo che si era prefisso nel momento in cui si era fatto ritrarre, interpretazione non ricorribile nella specie, laddove vengono riprodotti momenti di vita privata la cui esecuzione è altrettanto priva di consenso. Né il richiamato diritto all’informazione sulla base del dedotto interesse pubblico appare correttamente invocato ove si tenga conto che per interesse pubblico deve intendersi non la semplice curiosità che un dato evento possa suscitare valutata ai fini di una diffusione a scopo puramente commerciale e di lucro del periodico ma la pubblica utilità della divulgazione dell’immagine e che la curiosità a fini di pettegolezzo sulla vita privata del personaggio noto (comunque non lecita di per sé) ben poteva essere assicurata tutelando il diritto alla riservatezza del soggetto non noto, la vita privata del quale certamente non rappresenta alcun profilo di “pubblica utilità” in termini di conoscenza in capo al pubblico dei lettori, attuando correttivi che non ne consentissero l’identificabilità e riconoscibilità.

Nella specie, infine, soccorre comunque a chiusura di ogni possibilità di liceità della divulgazione fotografica la clausola limite di cui all’art. 97 u.c. legge autore secondo la quale “il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata”. La domanda trova infatti accoglimento anche sotto l’ulteriore profilo della lesione al proprio decoro e alla reputazione personale a mezzo stampa, dovendosi indubbiamente riscontrare nelle stesse immagini, con riferimento a quelle ritraenti l’attore nudo, e non nelle didascalie a corredo, una obiettiva lesività dell’onore e del decoro della persona ritrattata.

Accertato l’an e passando al quantum risarcibile deve rilevarsi che il danno va riconosciuto sotto il profilo del danno non patrimoniale conseguente a reato ed escluso, invece, sotto il profilo del danno esistenziale rispetto al quale vengono allegati pregiudizi subiti da terze persone (l’imbarazzo e il disagio dei genitori, la disperazione e rabbia della fidanzata) ovvero le difficoltà relazionali dell’attore in ambito familiare e per la rottura del legame sentimentale all’epoca in corso: entrambi eventi contingenti e temporanei, verosimilmente collegabili più ai fatti in sé e non meramente alla loro divulgazione. Il danno, così delimitato, va attribuito sulla base di una valutazione equitativa ai sensi degli artt. 1223 e 1226 c.c. richiamati dall’art. 2043 c.c., e quantificato nella somma di Euro 30.000,00 al valore attuale, somma sulla quale decorrono gli interessi legali dalla sentenza.

Alla soccombenza segue la condanna dei convenuti al rimborso in favore dell’attrice delle spese di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale definitivamente pronunziando, così provvede:

– dichiara illecita la divulgazione delle fotografie dell’attore relativamente al servizio pubblicato sulla rivista “Vip” del 14.9.2006;

– condanna la s.r.l Pi.Ed., in persona del legale rappresentante pro tempore, e An.Da., in solido tra loro, al pagamento in favore di Ma.Ra. della somma di Euro 30000,00, oltre interessi legali a decorrere dalla sentenza;

– condanna i convenuti, in solido tra loro, al rimborso delle spese giudiziali in favore dell’attore, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 600,00 per spese, Euro 1.600,00 per competenze e Euro 3.000,00 per onorari, oltre Iva e Contributi come per legge.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2011.

Depositata in Cancelleria il 22 marzo 2011.

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