Le regole dell’ e-commerce a cura dell’avv. Francesco Pizzuto

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Dal punto di vista storico, la vendita è stata la prima tra i rapporti negoziali a ricevere una regolamentazione giuridica internazionale e proprio nell’ ambito della c.d. vendita internazionale si cala un fenomeno recente ed ormai diffusissimo: l’ electronic commerce. Si tratta delle operazioni che conducono alla conclusione di transazioni commerciali online. Nel mondo virtuale creato da internet oltrepassiamo i confini nazionali prima ancora di vendere ed acquistare, così che il commercio elettronico può portarci a concludere accordi, in un certo senso, in tutti gli Stati del mondo. Diventa importante allora individuare il luogo di formazione del consenso ed il momento dell’ adempimento del contratto, un’ esecuzione che in rete può manifestarsi anche con un banale download.

A seconda che la transazione coinvolga due aziende, piuttosto che singoli individui, oppure azienda e consumatore, si possono configurare diverse forme di commercio elettronico. Il Decreto Legislativo n. 70 del 9 aprile 2003 promuove la libera circolazione dei servizi della società dell’ informazione e dev’ essere considerata la normativa di riferimento per questo tipo di attività commerciale.

L’ articolo 49 del Codice del Consumo (in vigore dal 2005) stila la lista delle informazioni che devono essere portate all’ attenzione dell’ utente prima che questi proceda all’ acquisto. E’ oltretutto risaputo che il consumatore debba essere informato, in modo chiaro e comprensibile, sull’ identità del fornitore,  le caratteristiche del prodotto, prezzo ed eventuali spese di consegna, sulle modalità di pagamento, nonché sull’ esistenza del diritto di recesso (e modalità di esercizio dello stesso).

Le fonti interne in materia di e-commerce sono spesso il frutto del recepimento di direttive europee, decreti di attuazione che hanno iniziato a regolare questa forma di scambi a partire dal 1992. In quest’ ambito, il primo decreto legislativo ha avuto ad oggetto quei contratti negoziati fuori dai locali commerciali, concretizzando le previsioni della Direttiva 85/577/CEE.

Le riforme e gli aggiornamenti in questo campo continuano ad avvicendarsi, da ultimo quello in vigore da gennaio 2015 riguardante la territorialità dell’ iva. Ma come stabilire, normalmente e normativamente, quale diritto si applica ad un acquisto per così dire “internazionale” fatto attraverso uno smartphone, un tablet, o un pc? E’ interessante capirlo anche in vista di potenziali controversie che ne potrebbero derivare.

In linea generale, le obbligazioni contrattuali sono regolate dalla Convenzione di Roma del 1980 e dagli altri accordi che hanno dettato i principi applicabili alla vendita, al leasing, ecc. Per alcuni settori, come appunto quello della compravendita, sono state stipulate una serie di convenzioni, la più importante è quella dell’ Aja del 1955. Con il passare degli anni è venuta a formarsi la particolare figura della “vendita internazionale” e stando alla Convenzione di Roma, quando un contratto si caratterizza di elementi aventi punti di contatto con diversi ordinamenti giuridici, il criterio in base al quale individuare la legge nazionale applicabile è quello della volontà delle parti, una manifestazione che può essere sia espressa che tacita. In alternativa, il parametro da utilizzare è quello della residenza del debitore.

La normativa sulle obbligazioni contrattuali ha avuto un’ importante regolamentazione a livello comunitario nel 2008 attraverso il Regolamento CE n. 593, entrato in vigore il 17 dicembre del 2009. Le regole di fondo sono state mantenute. Fondamentalmente, per capire quale legge applicare ad un’ obbligazione caratterizzata da situazioni di internazionalità (ad esempio la diversa nazionalità dei contraenti), il primo elemento da prendere in considerazione è quello della volontà delle parti, a seguire assume rilevanza l’ eventuale comune nazionalità delle stesse ed infine il luogo in cui si è perfezionato il contratto. Pertanto, gli altri criteri di collegamento valgono solo in caso di mancata intesa anticipata.

Di solito, nelle abitudini commerciali di internet, la scelta delle parti relativamente all’ ordinamento giuridico cui fare riferimento, è un aspetto che viene preso in esame nell’ insieme delle condizioni economiche e dunque preventivamente all’ accettazione. Con riguardo poi al luogo di conclusione del contratto per le vendite telematiche, lo spazio non è immediatamente individuabile. In particolare, l’ offerta può essere diffusa in due modi: a mezzo e-mail, tramite l’ invio di un messaggio, oppure con l’ esibizione su una pagina, un sito web. In quest’ ultimo caso si parla di offerta al pubblico. Nel primo, invece, la proposta si considera pervenuta al destinatario esclusivamente quando la stessa sia giunta al relativo indirizzo di posta elettronica, mentre il negozio si perfeziona quando il proponente viene a conoscenza dell’ accettazione della controparte.

Concludendo, bisogna dire che la modalità più frequente, ovvero quella dell’ acquisto fatto online da un soggetto che visita una pagina web, è stata oggetto di particolare tutela proprio in favore del cliente digitale. Nello specifico, richiamando il Codice del Consumo e l’ articolo 5 della Convenzione di Roma (di fatto sostituita dal Regolamento CE n. 593/2008, le cui disposizioni si applicano a tutti gli Stati membri dell’ Unione Europea, ad eccezione del Regno Unito e della Danimarca, per i quali continuano comunque a valere le regole della Convenzione del 1980), a difesa del consumatore, considerato la parte economicamente più debole, ed in deroga ai dettami generali dell’ e-commerce, a trovare applicazione è la legge del Paese di residenza dell’ acquirente.

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