DANNO ALL’IMMAGINE E PRIVACY DEL PROFESSIONISTA : TROPPO INVASIVE LE RICHIESTE STRAGIUDIZIALI EX ART. 75 BIS D.P.R. 602/73, PER OTTENERE INFORMAZIONI SULLA SUSSISTENZA DI CREDITI VANTATI DA TERZI Tribunale di Ravenna, 19 marzo 2010, n. 172

La sentenza del Tribunale di Ravenna che segue è un punto messo a segno in favore dei contribuenti sempre più minacciati nella loro privacy dal cattivo uso del potere di indagine pur riconosciuto dalla legge alle società di riscossione dei tributi.

L’azione di risarcimento dei danni promossa dal sig. X nasce dalle gravissime dannose conseguenze che lo stesso subiva, e continua a subire a distanza di anni, per effetto del comportamento tenuto dalla concessionaria per la riscossione dei tributi, la allora So.Ri.T. Ravenna s.p.a., nel giugno del 2005, e consistito in un uso del tutto distorto ed irragionevole dell’istituto delle dichiarazioni stragiudiziali, disciplinato dall’art. 75 bis del D.P.R. 602/73, introdotto dall’art.1 co. 425 della legge 311/04 (Finanziaria 2005).

L’abuso di detto strumento da parte delle concessionarie, ha costretto in primis il Garante della Privacy a correre ai ripari con il provvedimento generale datato 25.05.05 (V.All.8 in atto di citazione), ed in secundis il Governo, dopo successive pronunce del Garante, modifiche ed integrazioni intermedie alla normativa in materia di riscossione, ad elaborare in via definitiva, con il D.L. n. 112/08, un codice di condotta degli agenti della riscossione per impedire di intraprendere iniziative fortemente invasive della privacy dei contribuenti in presenza di debiti esigui. Tutto ciò sul presupposto indefettibile che “anche in materia di accertamenti fiscali e tributari, il cittadino non perde mai il diritto a vedere tutelata la sua riservatezza” (Garante).

Esemplare la condanna della Equitalia Romagna alla pubblicazione della sentenza su un quotidiano a tiratura nazionale! e al risarcimento del danno quantificato in € 40.000,00 (di cui € 10.000,00 a titolo di danno patrimoniale ed € 30.000,00 a titolo di danno non patrimoniale), oltre agli interresi legali dalla domanda al saldo, e spese legali secondo soccombenza (per un totale di €10.016,50).

 

 

 

 

Tribunale di Ravenna, 19 marzo 2010, n.172

(Giudice D. Indirli)

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta in data 29/5/06 al n.1828/06 e iniziata con atto di citazione regolarmente notificato dail’Uff. Giud. del Tribunale di Ravenna, avente ad

OGGETTO: RISARCIMENTO DANNI

DA

1) D. T. A. nato a OMISSIS il OMISSIS ivi res. OMISSIS elettivamente domiciliato in Ravenna presso e nello studio degli avv.ti OMISSIS che lo rappresentano e difendono come da mandato a margine dell’atto di citazione

ATTORE

CONTRO

OMISSIS S.P.A. in persona del legale rapppresentanle prò tempore con sede in OMISSIS via OMISSIS elettivamente domiciliato in Ravenna presso e nello studio dell’avv. OMISSIS che la rappresenta e difende come da mandato a margine della comparsa

C O N V E N U T A

I legali dell’attore hanno così concluso:

“Voglia Plll.mo Tribunale di Ravenna , respinta ogni contraria istanza,dichiarare la convenuta società OMISSIS s.p.a. responsabile dei danni subiti dall’attore A. D.T.per le ragioni innanzi esposte, e conseguentemente , condannare la medesima al pagamento della somma di E. 100.000,00, in favore del D.T., a titolo di risarcimento dei danni patiti, o a quella diversa maggiore o minore somma che verrà quantificata in corso di causa, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi dal giorno dell’evento sino al soddisfo; in ogni caso, ordinare alla OMISSISs.p.a. la restituzione in favore del D.T.della somma di € 95,00, per intervenuta prescrizione del credito; condannarla , altresì al pagamento delle spese e competenze di causa, da distrarsi in favore del sottoscrìtto procuratore, quale antistatario;sin da ora si chiede che il Giudice disponga la pubblicazione della sentenza in più giornali a diffusione nazionale.”

Il legale della convenuta ha così concluso: ” Voglia l’Ill.mo Tribunale di Ravenna, in rito ed in via pregiudiziale: dichiarare la nullità dell’atto di citazione; dichiarare inesistenza/nullità dell’ordinanza in data 29/30.11.2007 emessa dal Presidente del Tribunale di Ravenna e la conseguente inesistenza/nullità dell’assunzione di prove testimoniali per delega al Tribunale di Lucera;

dichiarare la nullità dell’escussioni; di due testi (omissis e omissis)non indicati nella lista testimoniale dell’attore; dichiarare irricevibile/inammissibile lo scritto difensivo denominato “foglio di deduzioni” depositato per fattore all’udienza del 21/10/08 e,comunque, non tenerne conto alcuno; in ogni caso, revocare l’ordinanza del G.I. in data 28.9/1,10.07 di parziale ammissione delle prove orali chieste dall’attore;

in subordine e nel merito:

respingere ogni domanda attrice; in ogni caso: condannare l’attore A. D.T. al rimborso delle spese del giudizio. Rifiutato il contraddittorio su ogni nuova domanda, eccezione ed istanza, anche istruttoria, dell’attore.”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E FATTO.

Con atto di citazione, ritualmente notificato, D.T.A. – ragioniere commercialista in omissis (omissis) – conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Ravenna la OMISSIS S.P.A., per ivi sentirsi accogliere le conclusioni di cui in epigrafe, sul presupposto che vi sarebbe stata sia lesione di immagine – anche come professionista, oltre che come persona – sia lesione del diritto alla riservatezza, con l’inoltro da parte della OMISSIS, nel giugno 2005, di richieste di dichiarazioni stragiudiziali ex art. 75 bis del D.P.R. 602/73, sostitutive dell’atto di notorietà (all.l) al fine di ottenere informazioni in merito alla eventuale sussistenza di crediti vantati dal D.T. nei confronti dei clienti terzi, su cui rivalersi in sede di esecuzione.

L’attore esponeva che: allarmato dai clienti stessi, aveva contattato tempestivamente la OMISSIS per conoscere la natura e l’ammontare del credito per il quale si stava procedendo ed apprendeva trattarsi di una sanzione per violazione del codice della strada risalente al 1996, dell’importo di € 95,00, in relazione alla quale, fino a quel momento, non aveva ricevuto alcun sollecito di pagamento;

con lettera racc. a/r del 27/06/05 (all.2), firmata dal medesimo e dal proprio difensore, indirizzata alla OMISSIS , eccepita, preliminarmente la prescrizione del credito, diffidava la società dal perseverare in tale condotta, in quanto lesiva sia del diritto alla riservatezza dei dati personali che, soprattutto, della propria immagine di stimato professionista (come da curriculum ali. 3) e chiedeva il risarcimento dei danni;

in seguito alle diffide telefoniche ed alia lettera suindicata, la OMISSIS – con comunicazione del 10/06/05 (all.4) e con racc. a/r del 30/06/05 – inoltrava ai clienti del professionista destinatari delle richieste di dichiarazioni di debito su citata, una nota con la quale li invitava a non tener conto delle precedenti richieste;

con missiva del 26/08/05, indirizzata all’odierno attore, pur contestando e diverse eccezioni, la società manifestava la volontà di addivenire ad una composizione bonaria della vicenda, ma nonostante la richiesta avanzata in tal senso dal D.T.in data 10/10/05 (all.6), non dava seguito alle trattative ed in data 2/11/05 notificava aò presunto debitore avviso di mora n. 9026503 del 15/02/05, con il quale intimava il pagamento di € 95,00;

pur avendo corrisposto la suindicata somma, senza peraltro riconoscere la legittimità della pretesa, riteneva necessario agire giudizialmente per ottenere il ristoro dei danni subiti in conseguenza della su esposta vicenda.

Con rituale comparsa di risposta si costituiva in giudizio la OMISSIS  S.P.A., chiedendo il rigetto della domanda di parte attrice, sul presupposto che la propria condotta fosse consentita dalla legge, integrando l’esercizio di un diritto facoltativo, ai sensi dell’art. 75 D.P.R. 602/73 (disposizioni sulla riscossione).

In corso di causa, il G.I., accogliendo l’eccezione di nullità della notifica per inosservanza del termine ex art. 163 bis c.p.c. novellato, disponeva la rinnovazione della stessa. Venivano, quindi, ammesse ed assunte le prove testimoniali richieste da parte attrice in via delegata, davanti al G.T. di Foggia; in relazione a tale prova, parte convenuta sollevava eccezione di nullità conseguente a inesistenza/nullità dell’ordinanza emessa dal Presidente del Tribunale, con la quale sì stabiliva la modalità di assunzione delegata, ad integrazione di quella ammissiva emessa dal G.I. per violazione del principio di immutabilità del G.I. e per mancata comunicazione a parte convenuta.

All’udienza del 16 aprile 2009, le parti precisavano le conclusioni come in epigrafe; il Giudice riponeva la causa in decisone, assegnando i termini di cui alPart. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti defensionali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda di parte attrice deve essere accolta per la parte in cui la stessa ha assolto all’onere probatorio ex art. 2697 c.c., come di seguito motivato.

Infatti, sono da rigettarsi in quanto infondate le eccezioni proposte da parte convenuta in relazione alle prove testimoniali raccolte. E precisamente:

1. l’eccezione di nullità/inesistenza del decreto presidenziale del 29/11/07, è emesso dal Presidente del Tribunale di Ravenna in sostituzione del G.I. dott.ssa Donofrio, con il quale si ammetteva la prova delegata presso il Tribunale di Lucera, cosi modificando l’ordinanza emessa dal G.I., su istanza di parte attrice, è inammissibile in quanto è stata sollevata tardivamente. Tale eccezione, integrando un’eventuale nullità relativa di un atto processuale, doveva, infatti, essere sollevata nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso, secondo il consolidato orientamento interpretativo della Suprema Corte delPart. 157, co.II, c.p.c.. In mancanza di tale tempestiva deduzione, la nullità resta sanata e non può più essere eccepita dalla parte che ne ha interesse e che non si sia opposta nella prima difesa successiva all’atto di ammissione.

Nel caso di specie, la società convenuta ha avuto notizia del decreto emesso dal Presidente – contestualmente all’istanza di assunzione di prova delegata davanti al Tribunale di Lucera proposta da parte attrice – mediante regolare notifica e nel rispetto del contraddittorio. La società stessa non si è, peraltro, presentata all’udienza di assunzione della prova dinanzi al Giudice Delegato né ha in altro modo proposto tempestivamente tale eccezione;

2. peraltro, emerge dal provvedimento de quo che il Presidente si è sostituito formalmente – per quell’unico atto- al G.I., all’epoca in congedo per maternità;

3. l’eccezione di nullità della testimonianza resa da Omisiss e da Omisiss è infondata, in quanto è evidente che l’erronea indicazione dei nomi di battesimo dei due nella lista testimoniale deve essere ascritta ad un mero errore materiale e non ad uno scambio di persona, poiché parte attrice li aveva indicati quali titolari delle imprese assistite dal D. T., come specificato in atto di citazione, nelle memorie ex art. 183 co. VI c.p.c. e nelle istanze successive.

Quanto all’eccezione di intervenuta prescrizione del debito del D.T. nei confronti di OMISSIS  ed alla pretesa conseguente richiesta di parte attrice di restituzione delia somma di € 95,00 a tale titolo pagata, si osserva come qualora fosse provata le prescrizione, ai sensi dell’ari. 2940 e.e. “non è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto.

Quanto al merito, non risulta la prova certa che l’attore sia stato effettivamente messo in mora, ai sensi dell’art. 1219 e.e., al fine di riscuotere un credito esattoriale pari al modesto importo di € 95,00.

Le dichiarazione circa la sussistenza di crediti da parte del D.T.nei confronti dei propri clienti, richieste dalla OMISSIS ai clienti stessi, sono state poi “ritirate” dalla società, che, quindi, ha ammesso la non legittimità e/o non correttezza della condotta tenuta inizialmente.

Infatti, tali richieste di c.d. dichiarazioni del terzo, ai fini esecutivi, sono state inviate dalla OMISSIS in violazione degli artt.l, 3 e 11 del codice vigente in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 30/06/03 n. 196). Tale decreto sancisce, ifatti, in materia di trattamento di dati personali, il rispetto dei principi di pertinenza, dì non eccedenza e dì necessità.

Appare evidente che per la riscossione dell’importo modestissimo di € 95,00 non vi era alcun motivo oggettivo per porre in essere un comportamento in deroga al rispetto del bene costituzionalmente protetto della riservatezza (privacy). Secondo l’indirizzo interpretativo espresso dal Garante (vds. provvedimento del 25/05/05), in primo luogo doveva, infatti, essere avvertito l’interessato, in quanto anche in materia di accertamenti fiscali e tributari, il cittadino non perde mai il diritto di tutela della propria riservatezza. In secondo luogo, il credito esattoriale poteva, peraltro, estinguersi mediante altre procedure.

Le norme richiamate in atti dalla OMISSIS quali fonte della propria legittimazione devono, infatti, essere coordinate con quelle dettate dal D.Lgs. 196/03 in materia dì rispetto della privacy, secondo l’interpretazione sistematica. Operando un bilanciamento tra i beni giuridicamente protetti che nel caso di specie sono la persona e l’erario, non vi è dubbio che il bene persona prevalga sull’altro bene, secondo le priorità stabilite dalla nostra Costituzione, prima nella gerarchia delle fonti.

Dall’istruttoria svolta mediante documenti e prove testimoniale è, invece, risultato che i clienti dell’odierno attore sono stati informati della pretesa sussistenza del debito dì € 95,00 prima che l’interessato ne fosse a conoscenza. Questa circostanza ha incrinato la fiducia che i clienti stessi nutrivano nei confronti del D. T., danneggiandone il decoro e l’immagine, cosi incidendo sul rapporto tra cliente e professionista che è un rapporto di natura fiduciaria.

E indubbio, per quanto su esposto, che la società convenuta deve risarcire il danno subito dall’attore alla propria immagine, ai sensi degli artt. 2043 e 2050 c.c., come previsto dall’ari. 15 del codice della privacy. Risulta, infatti, provato – ai sensi degli artt. 1223 e 2056 e.e. – il nesso di causalità tra il comportamento della OMISSIS e l’evento lesivo in oggetto, poiché i testimoni escussi hanno dichiarato di “non nutrire più la stessa fiducia di sempre” nei confronti del professionista che fino a quel momento era stato loro punto di riferimento, di essere stati “infastiditi” dalla vicenda, di aver “rotto definitivamente i rapporti con lo stesso”.

La società deve, inoltre, risarcire i danni morali ex ari. 2059 e.e., da liquidarsi in via equitativa, per aver col suo comportamento – trattamento di dati personali in eccedenza rispetto alle finalità – violato anche il disposto dell’art. 11 del codice della privacy.

Parte attrice chiede anche il risarcimento del danno per lucro cessante, sostenendo che il venir meno della stima e della fiducia fino a quel momento vantate dal professionista nell’ambito del contesto in cui operava ed opera ha causato una diminuzione della clientela e, conscguentemente dei guadagni del D. T., che si aggiravano, indicativamente, in circa € 2.500,00 a trimestre per l’assistenza fiscale prestata a i propri clienti (come da fatture allegate in atti) e che quantifica in € 30.000,00 annue, tenendo conto che tre dei testimoni ascoltati hanno dichiarato di non essere più clienti del ragioniere, all’esito delle disdette conseguenti l’inoltro delle dìchiarazioni stragiudizialì.

Si ritiene che tale ultima voce di danno non sia provata, mentre deve essere risarcito il danno alla credibilità e/o immagine del professionista .

Pertanto, in via equitativa, si liquidano € 10.500,00 a titolo dì danno patrimoniale ed € 30.500,00 a tìtolo di danno non patrimoniale, ritenendosi ricompressa la svalutazione monetaria, trattandosi di debito di valore. Sono, altresì, dovuti gli interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo, ai sensi dell’art. 1224 c.c..

Si dispone, ad istanza di parte — ai sensi dell’art. 120 c.p.c -, la pubblicazione della sentenza, in estratto – una sola volta – sul quotidiano “LA GAZZETTA DEL MEZZOGGIORNO”, a cura e spese del soccombente, poiché per il tipo di materia trattata, la pubblicità della presente decisione può contribuire a riparare il danno.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza ai sensi dell’art. 91 c.p.c., in assenza dì motivi per derogarvi.

 

P.Q.M.

II Giudice monocratico di Ravenna, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa; definitivamente pronunciando, accogliendo parzialmente la domanda di parte attrice;

DICHIARA che le richieste e/o comunicazioni inviate alla OMISSIS  ai clienti dell’attore, per cui è causa sono illegittime in quanto in violazione del codice della privacy, oltre che lesive dell’immagine dell’attore stesso;

CONDANNA, di conseguenza, la convenuta a risarcire all’attore il danno, che liquida nella somma complessiva di € 40.000,00 (di cui € 10.000,00 a titolo di danno patrimoniale ed € 30.000,00 a titolo di danno non patrimoniale), oltre agli interresi legali dalla domanda al saldo;

DISPONE la pubblicazione della presente sentenza, in estratto – una sola volta – sul quotidiano “LA GAZZETTA DEL MEZZOGGIORNO”, a cura e spese del soccombente ai sensi dell’ari. 120 c.p.c..

CONDANNA la OMISSIS S.P.A. a rifondere all’attore le spese del presente giudizio, che liquida nella somma complessiva di €10.016,50 (di cui € 5.014,00 per diritti, € 5.000,00 per onorar! ed € 2,50 per spese imponibili), oltre accessori di legge.

Così deciso in Ravenna, il 3 novembre 2009

Depositata il 19 marzo 2010

Previous SPESE GIUDIZIALI CIVILI – ELIMINAZIONE DEI MINIMI TARIFFARI - OPERATIVITA' IN SEDE DI LIQUIDAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE - ESCLUSIONE Le Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, con ordinanza n. 7293 del 30 marzo 2011
Next Danno tanatologico : la morte sopraggiunta solo mezz'ora dopo il sinistro esclude il danno iure ereditario - Cassazione Civile Sent. n. 25264 del 14 Dicembre 2010

You might also like