Corte di Cassazione Civile n. 2494 del 30.01.2009 – locazione e miglioramenti della cosa locata

Cassazione Civile, Sez. III, 30 Gennaio 2009, n.2494

 

Commento:
Nel contratto di locazione, il diritto del conduttore alla pagamento dell’ indennità per le migliorie  apportate alla cosa locata presuppone, ai sensi dell’art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il legittimo  consenso del locatore, e tale consenso, non può, in alcun modo essere implicito, né può desumersi da atti di mera tolleranza, ma, deve necessariamente determinarsi  in una chiara ed incondizionata manifestazione di volontà

 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   SEZIONE TERZA CIVILE                         Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:    
                        Dott. DI NANNI    Luigi Francesco            – Presidente   –  Dott. FINOCCHIARO Mario                      – rel. Consigliere –  Dott. CALABRESE   Donato                      – Consigliere –  Dott. SEGRETO     Antonio                      – Consigliere –  Dott. AMATUCCI    Alfonso                      – Consigliere –  ha pronunciato la seguente:                                                              
sentenza                        
                sul ricorso 5745/2005 proposto da: ZENO FLORA SRL, in persona dell’amministratore unico      Z.C., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ZENO DOMENICO con studio in 80100 – Napoli, Via Toledo 413, giusta procura a margine del ricorso;                                             – ricorrente –                                                 contro  COOPERATIVA MASANIELLO SRL;                                            
– intimata –  avverso la sentenza n. 93/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, terza sezione civile, emessa il 15/01/2004, depositata il 22/01/2004, R.G. 677/03; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/12/20013 dal Consigliere Dott. FINOCCHIARO MARIO; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso con eventuale correzione della sentenza impugnata.                 
FATTO Con atto 27 febbraio 1997 la Zeno Flora s.r.l. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Napoli la Cooperativa Masaniello a r.l.. Ha esposto l’attrice di avere assunto in locazione dalla convenuta un’area di circa 3.000 mq sita al piano terreno del complesso immobiliare di via (OMISSIS) in (OMISSIS) adibito a locale mercato dei fiori e che tale area, al momento della costituzione del rapporto, versava in condizioni di totale abbandono per la incuria della società proprietaria. Ha riferito, altresì, l’attrice, da un lato, di avere assicurato i servizi di custodia e pulizia dei locali utilizzati nonchè di avere eseguito a propria cura e spese anche tutte le attività di ordinaria e straordinaria manutenzione del bene locato – precisando in particolare di avere disposto il risanamento edilizio di alcune strutture in cemento armato, la riparazione di alcune infiltrazioni di acqua e l’esecuzione di numerose opere durevoli comportanti miglioramenti e addizioni a beneficio della società locatrice proprietaria dell’immobile -, dall’altro, che la Cooperativa Masaniello nel 1993 aveva promosso un giudizio per ottenere il rilascio dell’immobile locato. Tale giudizio, ha fatto ancora presente la società attrice era stato definito con scrittura privata di transazione del 7 dicembre 1993. Con questa era stato pattuito un illecito aumento del canone di locazione e il rilascio di un’area adiacente occupata senza titolo dalla società conduttrice nonchè era stata nel contempo stabilita, altrettanto illegittimamente, la durata infraesennale del contratto per un periodo complessivo di 72 decadi, in palese contrasto con le norme imperative sancite dalla L. n. 392 del 1978, si che una tale transazione doveva ritenersi annullabile perchè, pur contenendo rinunce a diritti patrimoniali della società conduttrice, era stato sottoscritto dal legale rappresentante della Zeno Flora s.r.l. in mancanza di specifica delibera dell’organo assembleare. Tutto ciò premesso la Zeno Flora s.r.l. ha chiesto, pertanto, che, previo accertamento che le opere eseguite da essa concludente costituivano addizioni e miglioramenti, la Cooperativa Masaniello fosse condannata al pagamento dell’indennizzo di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c., ovvero, in via gradata, ai sensi dell’art. 2041 c.c., oltre interessi e rivalutazione monetaria. Ha chiesto, inoltre, la attrice fosse dichiarata la nullità della transazione del 7 dicembre 1993 relativamente a tutti i patti contrari alle disposizioni imperative della L. n. 392 del 1978, con annullamento del medesimo contratto perchè non deliberato dall’organo assembleare, e – infine – dichiarata la illiceità dell’aumento del canone preteso dalla società locatrice nella medesima sede, con condanna di quest’ultima alla restituzione delle somme indebitamente percepite in eccedenza sul canone effettivamente dovuto, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Costituitasi in giudizio la Cooperativa Masaniello a r.l., proprietaria del complesso immobiliare adibito a mercato dei fiori, realizzato su due livelli, ha resistito alle avverse pretese. Ha fatto presente, in particolare, la convenuta di avere concesso in uso a titolo oneroso in favore della Zeno Flora a r.l., in conformità alle prescrizioni del proprio regolamento provvisorio per la gestione del mercato, un’area di posteggio di ampiezza pari a circa 800 mq sita al piano terra (ed. piano pilastro) dell’immobile, successivamente estesa a circa 3.150 mq, per la durata di una decade decorrente dal 1° giugno 1989. La convenuta, peraltro, verso la fine del 1992, previa illegittima occupazione dell’intero piano pilastro dell’immobile, aveva, dapprima, realizzato senza alcuna autorizzazione, un muretto di recinzione dell’area, e poi eretto all’interno del locale altre opere murarie abusive con creazione di box per uffici e depositi, costringendo essa concludente a convenirla innanzi all’autorità giudiziaria per ottenere il rilascio dell’area e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi. Tale controversia, ha riferito ancora la convenuta, era stata definita dalle parti con la scrittura privata di transazione del 1 dicembre 1993, nella quale la attrice, da un lato, si era impegnata a rilasciare l’area abusivamente occupata e, dall’altro, a demolire le strutture realizzate in dispregio della normativa urbanistica e edilizia vigente nonchè a risarcire i danni arrecati alla Cooperativa Masaniello, quantificati dalle parti nella misura complessiva di L. 15 milioni Con tale scrittura, inoltre la attrice aveva ottenuto in concessione un’area nuda di circa 3.150 mq per la durata di 72 decadi, decorrenti dall’I dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1995 – salva rinnovazione tacita per mancata disdetta nel temine di 36 decadi precedenti la scadenza – verso il corrispettivo di L. 8.333.325 per ciascun trimestre. Ha fatto ancora presente la convenuta, da un lato, che – in violazione dell’obbligo assunto in sede transattiva – le opere edilizie illegittimamente eseguite dal concessionario non erano mai state eliminate, in quanto il legale rappresentante della Zeno Flora S.r.l. aveva addirittura comunicato alla proprietaria dell’immobile la propria intenzione di richiedere alla autorità amministrativa il condono delle stesse, dall’altro, di avere inviato disdetta del contratto per la scadenza del 31 dicembre 1997. Con particolare riferimento alla domanda attrice di condanna al pagamento dell’indennizzo per i miglioramenti e le addizioni apportate al bene oggetto del contratto la convenuta ha eccepito di non avere mai prestato il proprio consenso, avendo anzi preteso e ottenuto in sede transattiva la rimozione delle opere eseguite dalla Zeno Flora S.r.l., peraltro contra legem anche sotto il profilo pubblicistico, deducendo, altresì, sia la inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 2041 c.c., invocato in via subordinata in citazione a fondamento della pretesa in esame, sia la non riconducibilità del rapporto concessorio avente a oggetto l’area nuda nell’ambito applicativo della L. n. 392 del 1978, chiedendo pertanto il rigetto delle domande attrici, e spiegando altresì domanda riconvenzionale di condanna della concessionaria alla rimozione delle opere illegittimamente realizzate e al risarcimento dei relativi danni, nonchè di condanna al rilascio dell’ area per decorrenza del termine contrattuale ovvero per grave inadempimento della Zeno Flora s.r.l.. Svoltasi la istruttoria del caso, con sentenza 24 giugno 1998 il Tribunale di Napoli ha dichiarato la incompetenza per materia del giudice adito ai sensi dell’art. 8 c.p.c., essendo la controversia locatizia de qua devoluta alla cognizione della sezione distaccata di Portici della Pretura Circondariale di Napoli. Riassunto dalla Cooperativa Masaniello il giudizio innanzi al giudice indicato come competente la stessa ha riformulato tutte le eccezioni proposte e le domande riconvenzionali già dispiegate innanzi al Tribunale di Napoli, chiedendo altresì che la società Zeno Flora s.r.l., fosse condannata al pagamento degli importi maturati a proprio credito per la utilizzazione delle aree occupate dal marzo 1997 fino al rilascio dell’immobile, in conformità all’ammontare del corrispettivo stabilito nel citato contratto di transazione. Costituitasi anche in questa fase del giudizio la Zeno Flora s.r.l. si è riportata integralmente alle proprie domande e alle istanze istruttorie già precedentemente formulate, dichiarando altresì di non accettare il contraddittorio sulle domande, eccezioni e deduzioni nuove avanzate dalla controparte in sede di riassunzione della causa. Svoltasi la ulteriore istruttoria del caso il tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, con sentenza 4 gennaio 2002, così ha provveduto: rigetta le domande attrici; dichiara la risoluzione per inadempimento del conduttore del contratto di locazione dell’area mq. 3150 sita al piano pilastri del Mercato dei fiori di (OMISSIS) e, per l’effetto, condanna la Zeno Flora s.r.l. all’immediato rilascio dell’immobile, fissando, per la esecuzione, la data del 30 gennaio 2002; condanna la Zeno Flora s.r.l. a eliminare gli uffici realizzati lungo il corridoio di accesso ai piani superiori; rigetta nel resto le domande riconvenzionali; condanna la Zeno Flora s.r.l. al pagamento delle spese di lite. Gravata tale pronunzia in via principale dalla Zeno Flora s.r.l. e, in via incidentale condizionata, dalla Cooperativa Masaniello a r.l. la Corte di appello di Napoli, con sentenza 15 gennaio – 22 gennaio 2004 ha rigettato il gravame della Zeno Flora s.r.l. con conferma della sentenza del primo giudice e condanna dell’appellante principale al pagamento delle spese di lite. Per la cassazione di tale ultima pronunzia ha proposto ricorso, affidato a 3 motivi la Zeno Flora s.r.l.. Non ha svolto attività difensiva in questa sede la intimata Cooperativa.  DIRITTO 1. Come accennato in parte espositiva i giudici del merito hanno rigettato la domanda proposta dalla Zeno Flora s.r.l. diretta a sentir dichiarare la nullità della transazione 7 dicembre 1993 inter partes relativamente a tutti i patti contrari alle disposizioni imperative della L. 27 luglio 1978, n. 392. Premesso, in linea di fatto, che la Zeno Flora s.r.l. era ben consapevole – al momento della stipulazione dell’accordo transattivo in discussione – che il rapporto tra le parti integrava una locazione di immobile adibito a uso diverso dalla abitazione tanto che aveva promosso un giudizio nel quale aveva chiesto la condanna della controparte al pagamento del valore delle addizioni e dei miglioramenti apportati all’immobile “condotto in locazione dall’attricee “nonchè alla restituzione di aumenti di canone corrisposti in eccedenza rispetto a quanto previsto dalla L. n. 392 del 19788, i giudici del merito hanno rigettato la domanda in applicazione del pacifico indirizzo giurisprudenziale in forza del quale “la sanzione di nullità prevista dalla L. n. 392 del 1978, art. 79, per le pattuizioni dirette a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello dovuto o altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge sull’equo canone, avendo lo scopo di impedire che il conduttore sia indotto ad accettare condizioni che ledono i suoi diritti pur di assicurarsi il godimento dell’immobile, si riferisce solo alle clausole del contratto di locazione e non può essere estesa, pertanto, agli accordi transattivi conclusi dal conduttore, che già si trova nel possesso del bene, per regolare gli effetti di fatti verificatisi nel corso del rapporto e che, perciò, incidono su situazioni giuridiche patrimoniali già sorte e disponibilii. 2. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza sopra riassunta nella parte de qua denunziando: “violazione della L. n 392 del 1978, art. 79, in subordine violazione o falsa applicazione del principio eccezionalmente derogatorio elaborato in proposito dalla pregressa giurisprudenza della suprema corte – difetto di motivazione o motivazione contraddittoria, illogica ed insufficiente sul punto decisivo della controversia riflettente la posizione contrattuale della Zeno Flora s.r.l. alla data di conclusione della transazione del 7 dicembre 19933, Si osserva, infatti: – da un lato, che per la più recente giurisprudenza di questa Corte regolatrice sono nulli della L. 27 luglio 1978, n. 392, ex art. 79, comma 1, le pattuizioni aventi a oggetto veri e propri aumenti del canone, in tema di locazione di immobili adibiti a uso diverso dalla abitazione (si richiama al riguardo l’insegnamento contenuto in Cass. 27 luglio 2001, n. 10286); – dall’altro, che anche volendo fare nella specie applicazione dei principi giurisprudenziali richiamati dalla sentenza gravata, gli stessi sono stati malamente invocati nella specie, atteso che i giudici del merito hanno tenuto presente la convinzione soggettiva del conduttore nel 1997, mentre, in realtà, dovevano valutare la situazione soggettiva e la posizione contrattuale della società conduttrice, alla data di conclusione della scrittura privata del 1° aprile 1991; – da ultimo, sussiste violazione di legge nonchè illogicità intrinseca nella parte della motivazione in cui si afferma “delle due l’una, o al momento della sottoscrizione della transazione del 7 dicembre 1993 il rapporto in essere tra le parti doveva ritenersi rapporto locativo (con conseguente validità della clausola relativa alla maggiorazione del corrispettivo) o doveva ritenersi rapporto di natura diversa (non locativa) con conseguente inapplicabilità della normativa tutta di cui alla L. n. 392 del 19788. 3. Il motivo non può trovare accoglimento. Giusta la stessa prospettazione di parte ricorrente è incontroverso che questa ultima era nel godimento dell’immobile per cui è controversia in forza de il contratto 1° aprile 1991 (trascritto a p. 6 – 7 del ricorso). Tale ultimo contratto prevedeva, per quanto rilevante al fine del decidere, che “in caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui ai punti 1, 2, 3 (in forza del quale nessun lavoro o trasformazione dello stato di fatto in cui trovasi il posteggio può effettuarsi senza la preventiva autorizzazione della Coop. Masaniello) e 44, “la concessione sarà immediatamente revocata senza che possa essere vantata alcuna pretesa azione o ragione per danno o altro, avendone fatta la sottoscritta espressa rinuncia con il presente attoo. Nel novembre 1993 – e, quindi, nel vigore del contratto sopra ricordato – la Masaniello ha proposto un giudizio nel quale ha denunziato, oltre che la esecuzione di opere senza autorizzazione, la occupazione abusiva, da parte della Zeno Flora di una porzione di mq. 8000 del piano terraneo dell’edificio, chiedendo il rilascio dell’intera area occupata e il risarcimento del danno. Con la scrittura privata del 7 dicembre 1993 – infine – le parti sono pervenuti, a una “transazionee della lite così insorta. Per quanto – del tutto apoditticamente – si assuma, da parte della odierna ricorrente che tale convenzione abbia della transazione solo il vuoto nomen iuris, atteso che si limita a prevedere un canone “maggioree di quello inizialmente pattuito non può tacersi che in detto accordo del 7 dicembre 1993 riportato nei “fatti di causaa della ricorrente non solo si da espressamente atto sia della abusiva occupazione di alcuni spazi, e della realizzazione di opere senza autorizzazione da parte della società conduttrice (opere che la Zeno Flora si è impegnata a eliminare). E’ palese, pertanto, come ritenuto dalla sentenza impugnata, che l’originario contratto è stato posto nel nulla dalla intervenuta “transazionee del 7 dicembre 2003. Deve di conseguenza, trovare applicazione il principio di diritto, ripetutamente affermato da questa Corte regolatrice, secondo cui qualora le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata od altri aspetti del rapporto, stabilendo fra l’altro la data del rilascio dell’immobile ed il corrispettivo per il suo ulteriore godimento, il nuovo rapporto che si viene ad instaurare per effetto dell’accordo transattivo, ancorchè di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nell’accordo medesimo, restando sottratto alla speciale disciplina che regola la materia delle locazioni, fra cui la L. n. 392 del 1978, sull’equo canone (Cass. 14 novembre 1995, n. 11806; Cass. 26 marzo 1991, n. 3270). Nè a ciò pone ostacolo l’inderogabilità dei diritti che la legge riserva al conduttore, considerato che solo la rinuncia preventiva ai diritti medesimi sarebbe (da ritenere nulla, non invece gli atti di disposizione compiuti alla conclusione del rapporto, dopo che i diritti medesimi siano stati acquisiti (Cass. 9 novembre 2006, n. 23910; Cass. 9 giugno 2003, n. 9197). Deriva da quanto precede, conclusivamente, che nella specie, fin dalla data della transazione l’originario contratto di locazione è da ritenere estinto ed il rapporto fra le parti convenzionalmente trasformato in rapporto regolato dalle condizioni e dalle clausole dell’accordo transattivo (in termini, ad esempio, da ultimo, Cass. 25 febbraio 2008, n. 4714. Sempre nello stesso senso, tra le tantissime, altresì, Cass. 24 novembre 2007, n. 24458; Cass. 9 novembre 2006, n. 23910; Cass. 21 gennaio 2006, n. 2148, tutte successive a Cass. 27 luglio 2001, n. 10286, invocata dal ricorrente, la quale è stata resa con riguardo a accordi non transattivi, successivi alla stipulazione del contratto originario). 4. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia “violazione o falsa applicazione degli artt. 1592 e 1593 c.c.; difetto assoluto di motivazione o motivazione insufficiente per erronea valutazione degli atti e dei fatti della causa relativamente ai lavori eseguiti nella porzione di 3150 mq del piano terraneo del mercato dei fiori e cioè nella porzione dell’immobile condotta in locazione sin dal 1 aprile 1991 – profilo autonomo ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 per violazione dell’art. 1577 c.c., o comunque omessa pronuncia art. 112 c.p.c., o in subordine difetto assoluto di motivazionee. 5. Il motivo non può trovare accoglimento, sotto nessuno dei profili in cui si articola. 5. 1. Come ricordato dalla sentenza impugnata l’art. 1592 c.c., prevede espressamente che “il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata. Se però vi è stato consenso del locatore, questi è tenuto a pagare una indennità …. Pacifico quanto precede, pacifico che nella specie non risulta – in alcun modo – tale “consensoo è palese che correttamente i giudici a quibus hanno rigettato la domanda della odierna ricorrente. 5. 2. Oppone parte ricorrente che tale consenso può essere dato anche per facta concludentia. L’assunto deve disattendersi. Giusta quanto assolutamente pacifico, presso una pressochè consolidata giurisprudenza di questa Corte, il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell’art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore. Questo consenso, importando cognizione dell’entità anche economica e della convenienza delle opere, non può essere, però, implicito o desumersi da atti di tolleranza, ma deve risultare da una manifestazione esplicita od inequivoca di volontà, senza la quale deve ritenersi applicabile il principio generale stabilito dal predetto articolo, secondo cui il conduttore non ha diritto alla indennità per i miglioramenti apportati alla cosa senza il consenso del locatore (In termini, ad esempio, Cass. 23 marzo 2001, n. 3166). In particolare il “consensoo in questione deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni che si manifesti in fatti concludenti e in un comportamento incompatibile con un contrario proposito (Cass. 12 aprile 1996, n. 3435), così che la mera consapevolezza, o la mancata opposizione, del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta di indennizzo (Cass. 24 giugno 1997, n. 5637; Cass. 20 marzo 2006, n. 6094). Atteso che perchè sorga il diritto del conduttore ad un indennizzo per i miglioramenti apportati alla cosa locata non è sufficiente la sola scienza o la mancata opposizione del locatore medesimo (Cass. 4 novembre 1993, n. 10884, nonchè la giurisprudenza richiamata sopra) è palese che è irrilevante che la Cooperativa locatrice fosse, all’epoca della stipulazione della transazione del 1993, a conoscenza delle opere e che in detta transazione non si faccia menzione delle opere stesse, non potendo, palesemente, il mero silenzio sulla questione assorgere il rango di una “autorizzazione espressaa alla esecuzione dei lavori. Del resto, si nota per incidens a dimostrazione della assoluta infondatezza dell’assunto di parte ricorrente, che già nel contratto del 1 aprile 1991, trascritto a p. 7 del ricorso, era espressamente contenuta la previsione che “nessun lavoro o trasformazione dello stato di fatto in cui trovasi il posteggio può effettuarsi senza la preventiva autorizzazione della Coop. Masanielloo e giusta la stessa prospettazione, in sede di ricorso, della ricorrente l’autorizzazione, nella specie sarebbe senza ombra di dubbio successiva alla esecuzione dei lavori. 5. 3. Assume, ancora, parte ricorrente che i giudici a quibus sono incorsi in omessa pronunzia per non avere esaminato la domanda di indennizzo, per i presunti miglioramenti apportati alla cosa locata sotto il profilo di cui all’art. 1577 c.c.. Al pari dei precedenti l’assunto è manifestamente infondato. Come non ha difficoltà di ammettere parte ricorrente la questione specifica non risulta mai trattata nei motivi di appello ove si fa riferimento a “interventi dovuti eseguire dalla parte conduttrice negli anni pregressi alle strutture dell’immobile per evitarne il dissesto staticoo. A prescindere dal considerare che deve escludersi, in una tale espressione, la proposizione di uno specifico motivo di appello ex art. 342 c.p.c., si osserva che la stessa espressione “dissesto staticoo esclude si fosse in presenza di “riparazionii urgenti a norma dell’ art. 1577 c.c., comma 2. In ogni modo – per completezza di esposizione – si osserva che giusta la testuale formulazione dell’art. 1577 c.c., ove la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore (comma 1) mentre se si tratta di riparazioni urgenti il conduttore può eseguirle direttamente, salvo il rimborso, purchè ne dia contemporaneamente avviso al locatore (comma 2). Pacifico quanto precede è palese che perchè il giudice di appello potesse dirsi investito della cognizione di una tale domanda (ove la stessa fosse stata già proposta in primo grado), era onere dell’ appellante non limitarsi a invocare la “necessitàà degli eseguiti “interventii ma anche dedurre – e di indicare ove avesse offerto la relativa prova – di avere dato notizia della esecuzione dei lavori in questione alla parte locatrice contemporaneamente alla loro esecuzione. 6. Come accennato sopra, il primo giudice ha, tra l’altro, dichiarato la risoluzione per inadempimento del conduttore del contratto di locazione inter partes con condanna della conduttrice al rilascio. Quest’ultima ha appellato tale capo della sentenza del primo giudice affermando: il tribunale “ha ritenuto che la mancata demolizione da parte della Zeno Flora s.r.l. della piccola porzione dei propri uffici realizzata sul corridoio di accesso al piano superiore del Mercato dei Fiori, porzione di cui esclusivamente diceva la transazione del 7 dicembre 1993, costituisse inadempimento a tale contratto e che tale inadempimento avrebbe rivestito gravità risolutoriaa. Precisava l’appellante che “la motivazione sull’aspetto della gravita di tale inadempimento e sulla portata risolutoria di tale asserita gravita risulta in sentenza in termini del tutto apoditticii e che “a parte tale vizio motivazionale, il pensiero del Tribunale ci sembra comunque errato dal momento che la stessa Coop. Masaniello non aveva affatto dedotto tale inadempimento come fonte di pretesa risolutoria. In ogni caso, la dichiarata risoluzione del contratto sulla base di tale presupposto appare in contrasto con i principi in materia di contratti a prestazioni corrispettive, dal momento che il Tribunale non ha poi dato alcun rilievo al comportamento della controparte, per parte sua e stricto iure ben più gravemente inadempiente nell’aver tentato di negare stabilità al rapporto locativo. Sicchè la sentenza appare viziata, oltre che da ultrapetizione nei profili ex art. 112 c.p.c., di cui sopra, anche da omessa pronuncia in relazione al contrasto che si evidenzia tra la motivazione e il dispositivo dove il primo Giudice, in singolare applicazione dell’art. 100 c.p.c., nega interesse l’interesse della Zeno Flora a sentir espressamente pronunciare la nullità della clausola di durata infraesennale della locazione pur da essa impugnata con espressa domanda di accertamento e con esplicita istanza, di pronuncia con efficacia di giudicato sul puntoo. In relazione a tale censura la sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione ha affermato “le considerazioni ora esposte sono in realtà prive di fondamento alcuno ed errate in punto di fattoo. E valga il vero: 1) con il ricorso introduttivo del giudizio innanzi al Pretore la Cooperativa ricorrente aveva esplicitamente dedotto “senza ombra di dubbio non solo che la Zeno Flora S.r.l. non ha adempiuto alla sua obbligazione di eliminare i manufatti dalla stessa realizzati illegittimamente e senza alcuna autorizzazione della concedente e della p.a., ma anche che con tale suo comportamento ha creato notevoli disagi per gli impianti e norme di sicurezza dell’intera struttura mercantile che è rimasta impossibilitata a poter utilizzare alcune delle uscite di sicurezza ivi esistenti e bloccate ed occupate dai manufatti della Zeno Flora”; 2) in sede di conclusioni la Cooperativa aveva esplicitamente richiesto “in via subordinata, qualora dovesse essere ritenuta applicabile la disciplina di cui alla L. n. 392 del 1978, dichiarare la piena e legittima validità delle condizioni contrattuali e transattive di cui alla scrittura del 7 dicembre 1993 e quindi dichiarare risolto il contratto in corso per grave inadempimento di essa Zeno Flora”; 3) il Giudice di primo grado ha ampiamente, congruamente ed in modo del tutto condivisibile motivato l’accoglimento della domanda di risoluzione di che trattasi affermando sul punto: “… la domanda riconvenzionale spiegata dalla Cooperativa …rivolta sostanzialmente a ottenere la risoluzione per grave inadempimento della Società conduttrice alle obbligazioni costituite dal contratto de qua si presenta senz’altro fondata e, pertanto, assorbe e dunque destituisce di qualsiasi rilievo pratico la pronuncia di accertamento della data di scadenza naturale del contrattoo. “Invero – precisa ancora la sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione – i contraenti, nell’atto costitutivo del rapporto locatizio sottoscritto il 7 dicembre 1993, hanno concordemente ed esplicitamente posto a carico della parte locataria l’obbligo di provvedere alla eliminazione delle strutture per uffici realizzate all’interno del locale, rimasto tuttavia del tutto inadempiuto, come si evince chiaramente dalla missiva priva di data prodotta nel fascicolo di parte convenuta nella quale l’amministratore della Zeno Flora S.r.l. comunica la propria intenzione di richiedere il condono per le opere realizzate, rivolto evidentemente a sanare la illiceità sotto il profilo pubblicistico e quindi a consoli dame l’acquisizione all’immobile locato cui accedono mediante il rilascio della concessione in sanatoria. Orbene tale obbligazione si configura in termini di accessorietà rispetto alle ulteriori prestazioni contrattuali delineate dai contraenti nel contesto negoziale conciliativo, e riflette lo specifico interesse del proprietario-locatore alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi modificato dalla società ricorrente per assicurare la piena originaria funzionalità del bene locato compromessa dalla realizzazione degli uffici, in ragione della creazione di un impedimento all’accesso pedonale e carrabile alle ulteriori aree del mercato poste al piano superiore. Pertanto la mancata esecuzione da parte della società conduttrice dell’obbligo specifico assunto non può non essere qualificata come grave inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1453 c.c., giustificando così la risoluzione della locazionee. 7. Con il terzo, e ultimo, motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte de qua denunziando “violazione degli artt. 1362, 1372, 1375 e 1453 c.c., anche in relazione al disposto dell’art. 1592 c.c., comma 2, – in subordine difetto assoluto di motivazione o motivazione apodittica su punto decisivo della controversia riflettente la gravita dell’inadempimento – ulteriore profilo ex art. 112 c.p.c., per omessa specifica pronuncia su primo profilo del quarto motivo di appello – profilo autonomo – violazione o falsa interpretazione dell’art. 100 c.p.c. e degli artt. 2908 e 2909 c.c., – profili ex art. 360 c.p.c., n. 55. 8. Al pari dei precedenti il motivo non può trovare accoglimento. Sotto nessuno dei molteplici profili in cui si articola. 8. 1. Quanto alla denunziata violazione dell’art. 1453 c.c., atteso che il primo giudice aveva ritenuto che il grave inadempimento della Zeno Flora s.r.l. fosse consistito nella mancata demolizione di tutte le opere, e tale valutazione contrastava con la volontà delle parti che con la scrittura del 7 dicembre 1993 avevano espressamente limitato l’adempimento demolitorio soltanto a una piccola porzione degli uffici e magazzini Zeno Flora, si che “la corte di appello non a-vrebbe potuto richiamare la motivazione del primo giudice per rigettare tale profilo del quarto motivo di appello, se non finendo per assorbire nella sentenza di secondo grado lo stesso vizio di violazione di legge e lo stesso vizio motivazionalee, la deduzione è manifestamente infondata. La stessa, infatti, prescinde da quello che è il contenuto della sentenza impugnata e dagli accertamenti, in linea di fatto, da questa compiuti. Come riferito sopra, nel trascrivere la sentenza di secondo grado, quest’ultima ha accertato: – da un lato, che i contraenti, nell’ atto costitutivo del rapporto locatizio sottoscritto il 7 dicembre 1993, hanno concordemente ed esplicitamente posto a carico della parte locataria l’obbligo di provvedere alla eliminazione delle strutture per uffici realizzate all’interno del locale; – dall’altro, che tale obbligo è rimasto del tutto inadempiuto esponendo, puntualmente, le fonti del proprio convincimento al riguardo; – da ultimo, ha esposto le ragioni alla luce delle quali un tale inadempimento doveva qualificarsi “gravee. E’ palese, per l’effetto, che la risoluzione del contratto inter partes è stata pronunziata proprio avendo riferimento all’inadempimento della Zeno Flora agli “obblighi demolitorii assunti con la transazione del 7 dicembre 1993. 8.2. Del tutto correttamente, inoltre, i giudici del merito hanno ritenuto irrilevante – a fronte del grave inadempimento della Zeno Flora, quanto all’obbligo assunto di eliminare i manufatti descritti nella transazione del 7 dicembre 1993, la circostanza che – ancorchè infondatamente – controparte negasse “stabilità al legittimo rapporto locativo convenuto tra le partii. h prescindere dal considerare che manca qualsiasi rapporto di causalità tra il palese inadempimento della Zeno Flora agli obblighi assunti e la invocazione, da parte della locatrice, di una erronea qualificazione giuridica del rapporto tra le parti, si che deve escludersi, in radice, che la violazione degli obblighi assunti dalla prima (cioè dalla Zeno Flora) possa trovare giustificazione nelle erronee tesi giuridiche prospettate dalla seconda (id est dalla cooperativa Masaniello), si osserva che in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravita dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 28 giugno 2006, n. 14974; Cass. 28 aprile 2006, n. 7081). 8.3. Manifestamente infondato, altresè, è l’ultimo profilo della censura, per avere i giudici di secondo grado omesso qualsiasi pronunzia quanto alla invocata nullità della clausola di durata infraesennale del contratto di locazione. Giusta quanto assolutamente pacifico, presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice – da cui totalmente e senza alcuna motivazione totalmente prescinde parte ricorrente – gli elementi del rapporto processuale – integranti la legitimatio ad causam e l’interesse ad agire, della parte che propone una domanda, devono sussistere non solo al momento della proposizione di questa, ma devono permanere sino al momento della decisione definitiva e il sopravvenuto difetto degli stessi rende inammissibile la pretesa (cfr., ad esempio, Cass. 4 novembre 2004, n. 21100, nonchè, recentemente, Cass. 7 novembre 2008, n. 26842, specie in motivazione). Pacifico quanto precede è palese che correttamente i giudici del merito, pronunziata la risoluzione, per grave inadempimento della parte conduttrice, del contratto di locazione inter partes hanno ritenuto la carenza di interesse della conduttrice a una pronunzia sulla validità, o meno, di altra clausola contenuta in quello stesso contratto, relativa alla sua durata. Anche nell’eventualità, infatti, fosse stata dichiarata la nullità di siffatta clausola la pronunzia sarebbe stata priva di qualsiasi effetto concreto per la conduttrice. La pronunzia sul punto del giudice di appello, si adegua, quindi, al pacifico principio, ripetutamente affermato da questa Corte regolatrice, secondo cui l’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad a-gire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c., – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata, sicchè è inammissibile, per difetto d’interesse, una impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (Cass. 23 maggio 2008, n. 13373). 9. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi. Nessun provvedimento deve adottarsi quanto alle spese di questo giudizio di cassazione, atteso che la intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.  P.Q.M.  La Corte: Rigetta il ricorso; Nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione terza civile della Corte di Cassazione, il 19 dicembre 2008. Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2009
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