Risarcimento da vacanza rovinata – il danno si presume

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La Corte di Appello di Milano, con la sentenza n. 2624 del 19.06.2015, ha stabilito che al fine di accertare il presupposto del danno da «vacanza rovinata», i turisti danneggiati,  hanno solamente l’obbligo di fornire la prova dell’inadempimento del tour operator; indi per cui,  tenuto conto che  le finalità del viaggio sono appunto la «vacanza» e lo «svago», il danno si presume in tutti i casi in cui le cose vadano nel verso sbagliato.

Per la Corte meneghina, la liquidazione del danno morale subito dal turista deluso potrà avvenire in maniera equitativa, utilizzando criteri presuntivi, tenendo conto fattori quali l’irripetibilità del viaggio, il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore e lo stress subito a causa dei disservizi.

Tuttavia, prosegue la sentenza, «è ovvio che la richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi professionista-consumatore»  e la valutazione, è onere del giudice che la valuta,caso per caso.

Per i giudici lombardi, non vi è dubbio che i disservizi e le incongruenze «possono aver parzialmente rovinato la vacanza», ma «certo non entro i limiti assai estesi indicati dal primo Giudice», di fatti, il riconoscimento di un danno «quantificato in quasi metà del costo del viaggio non sembra assestarsi su quei criteri di equità».

Il collegio giudicante, ricorda, infatti, che la vacanza era stata comunque «usufruita» e che molte delle lamentele erano apparse «pretestuose» (come quella relativa ai sedili bagnati del trasporto dal complesso alla spiaggia), mentre alcuni inconvenienti erano dipesi dalla mancanza di «dimestichezza con viaggi lunghi» (i problemi per il ritiro dell’auto prenotata). Tutti questi elementi hanno dunque portato a ridurre alla metà il risarcimento, cifra «più consona all’effettività dei disagi sicuramente subiti rispetti al prezzo complessivo del viaggio».

In linea di principio, ribadisce la Corte, la giurisprudenza ha ormai riconosciuto il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’impossibilità di vivere un sereno periodo di vacanza perché rovinato da imprevisti, difficoltà e ritardi».

Molte sono state le proposte per tale fattispecie: talvolta si è considerato un danno di origine per così dire “biologica” definito come “emotional distresses (stress emotivo)” altre volte la perdita della vacanza è stata considerata quale perdita di chance di godere di un periodo di svago e riposo, opportunità che potrebbe non ripresentarsi. Ed ancora, «alcuni hanno ricondotto la fattispecie del danno da “vacanza rovinata” nell’ambito del pregiudizio materiale, di natura essenzialmente biologica, derivante dalla lesione arrecata a un bene (la vacanza, appunto) non suscettibile di immediata valutazione economica, altri l’hanno, invece, ricompresa nell’ambito del pregiudizio non patrimoniale, pur riconoscendone la risarcibilità».

Per la quantificazione del danno, possono essere  due le voci di danno da prendere in considerazione: il pregiudizio economico (gli esborsi ulteriori sostenuti dal viaggiatore) ed il danno morale dovuto alla delusione ed allo stress subiti a causa del disservizio. «È ovvio, prosegue la sentenza, che il pregiudizio economico è la voce di danno più facilmente quantificabile, perché generalmente corrisponde al prezzo del viaggio acquistato». «Più difficile è, invece, quantificare il danno morale subito dal viaggiatore».

La Corte di Giustizia (sentenza 12 marzo 2002, n. 168) ha chiarito che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso. Ed al fine di accertarne il presupposto è sufficiente la prova fornita dell’inadempimento dell’operatore turistico.

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